INTERVISTA ESCLUSIVA ALLA BAND SAX THIS CANDY

I Sax This Candy si formano a Pescara tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013. I membri della band calcano i palchi italiani e non solo dai primi anni Novanta suonando con diverse formazioni come: Reparto 6, Roadkilldogs, Milf ecc. Nel 2014 la band vince le selezioni di Arezzo Wave rock festival e apre il concerto di Elio e le storie tese nella finale. Nel 2022 la band viene selezionata e partecipa a We Make Future Fest. Lo stile musicale dei Sax This Candy è influenzato: dalle atmosfere noir dei Bad Seeds e dallo stile nevrotico dei Pere Ubu, passando per Joy Division, Butthole Surfers, Bauhaus, The Pop Group e Black Flag. Alla fine del 2019 la band aggiunge la componente elettronica al suo sound che traccia le basi per la realizzazione del secondo album God is my witness.

RINGRAZIAMO I SAX THIS CANDY PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) Come è nato il nome “Sax This Candy” e quale significato ha per voi?

Quella del nome è una storia che parte da Bruxelles e torna a Pescara. La genesi è data da un’insegna di un negozio di dolciumi nella capitale belga con scritto “Suck this candy!”; anni dopo, durante una pausa dalle prove in studio, un disco dei Morphine suonava dalla regia e il Sassofono baritono di Dana Colley fu come se si accinse a coniare immediatamente il verbo “To Sax”. La cosa ci piacque e ci permise di giocare su questo nome.

2) Quali sono le principali influenze musicali che hanno plasmato il vostro sound?

La nostra musica attinge di base alla no-wave statunitense e al post-punk ma è influenzata da una grande varietà di fonti: dalle atmosfere noir de Bad Seeds allo stile più nevrotico dei Pere Ubu, così come i Joy Division, Butthole Surfers, Bauhaus, The Pop Group e Black Flag.

3) Come descrivereste l’evoluzione del vostro stile musicale dal vostro primo album a “God is My Witness”?

I brani di “God is my witness” vengono da lontano. Con l’uscita del batterista che ha collaborato al primo album, avevamo già tra le mani parti di bozze per un nuovo repertorio. Cogliendo l’occasione abbiamo sperimentato l’elettronica ed un nuovo modo di comporre musica e arrangiamenti. Ovviamente il tutto si è sviluppato ed è cresciuto attraverso confronti fra di noi, rimandandoci ad ascolti di band e suoni vari. Abbiamo poi continuato a mettere carne al fuoco con la creazione di nuovi pezzi tra cui alcuni già in cantiere per un eventuale nuovo lavoro.

4) Qual è il vostro processo creativo per la scrittura e la composizione delle vostre canzoni?

I nostri brani nascono da session in studio, continuamente smembrate ed arricchite. Alcuni nostri brani, fuori da quest’ultimo lavoro, sono stati anche sottoposti a nuovi arrangiamenti e remix. In generale possiamo dire, comunque, che l’istinto gioca un ruolo fondamentale.

5) Qual è il brano di “God is My Witness” che sentite più rappresentativo della vostra identità musicale?

Non ce n’è uno solo naturalmente…Tutte le tracce hanno la loro importante storia, però per rispondere alla domanda possiamo citare i singoli estratti: Human piggy banks e Headworms perché col primo abbiamo creato un’atmosfera dance che ci piace; nei nostri intenti c’è sempre quello di far ballare e ondeggiare i corpi nei concerti. Headworms invece ricalca la vena più puramente rock con schitarrate piene e taglienti che sono parte essenziale del nostro background. Non vogliamo però dimenticare l’ultimo singolo estratto, Dead End, che può essere considerato una sintesi tra i primi due.

6) In che modo la componente elettronica ha influenzato il vostro sound in questo nuovo album?

La componente elettronica, ma soprattutto la ricerca che c’è dietro, ci ha dato la possibilità di sperimentare ed arricchirci anche al di fuori dei nostri abituali circuiti ed influenze varie. Questo per noi è un fattore fondamentale perché ci permette di essere sempre diversi da noi stessi, ma allo stesso tempo mantenere un’identità netta e riconoscibile.

7) Qual è il significato dietro il titolo “God is My Witness” e come si collega al tema dell’album?

“Godi s my witness” è la title track. Il brano, così come poi il titolo e la copertina del disco sono un richiamo all’ipocrisia dilagante che muove tutti gli aspetti della società attuale, dove tutti cercano un colpevole per i loro stessi misfatti, ma nessuno interroga mai davvero se stesso. Oggi, nel nostro Mondo, nessuno è innocente. Per citare una frase della canzone: “eye behind the keyhole – one hand on the Bible – one hand on rifle – I’m the Messiah and disciple”.

8) Come avete affrontato i cambiamenti nel panorama musicale nel corso della vostra carriera?

Domanda tosta. In generale siamo sempre andati avanti con entusiasmo e coraggio. Siamo musicisti longevi, anche di una certa età… Ne abbiamo vissute di ogni. Siamo sempre stati piuttosto costanti nel produrre musica, anche nell’ombra; questo favorisce la lettura dei tempi che scorrono, ti aiuta a sfruttare meccanismi e situazioni nuove con un bagaglio di esperienza notevole e a cercare di incanalare le energie verso qualcosa che ritieni veramente valido. Il tutto non senza difficoltà, sacrifici e investimenti di tanti tipi.

9) Qual è il vostro approccio nei confronti delle esibizioni dal vivo e cosa sperate che il vostro pubblico ricavi dall’esperienza?

Siamo una band che nel live costruisce anche una certa messa in scena, grazie soprattutto al nostro chitarrista Ivano Ursini, light designer affermato sia in Italia che all’estero che ha lavorato con grandi artisti italiani e internazionali. Riteniamo che il momento live debba essere prima di tutto un focus su ciò che suoni ma che debba avere anche un “vestito” fatto di qualcosa di visivamente accattivante e coinvolgente. Questo il nostro pubblico lo nota e lo apprezza.

10) Cosa possiamo aspettarci nel futuro dai Sax This Candy dopo l’uscita di “God is My Witness”?

Quello a cui puntiamo è salire il più possibile sui palchi di club e festival. In generale, comunque, ci auguriamo di avere sempre lo stesso entusiasmo e voglia di produrre che ci hanno accompagnato in tanti anni fin qui.

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