INTERVISTA al duo chitarristico INCIPIT SUITE. “Telepathy” è il loro nuovo disco.

Formatosi a Pesaro nel 2005 da Marco Di Meo e Roberto Gargamelli, il duo di chitarristi si caratterizza per l’esecuzione di musiche di diversa provenienza geografica, proposte nel personale stile dove l’ecletticità, la verve e la personalità dei componenti trova ampio sfogo sia nella rielaborazioni e arrangiamenti di brani già esistenti che nelle loro composizioni originali. Il gruppo ha alle spalle un’intensa attività live in tutta Italie e Francia e due album: l’omonimo “Incipit Suite” (2014) e “Telepathy” (2018). Nel 2015 la partecipazione ad importanti Festival musicali come la prestigiosa Rassegna “Un paese a sei corde” (Novara) in cui erano presenti i migliori chitarristi internazionali.

Hanno inoltre all’attivo un repertorio con la cantante/chitarrista messicana Erèndira Diaz e importanti collaborazioni e live con: Fabrizio Bosso, Elio (Elio e le Storie Tese), Paolo Fresu, Franco Cerri, Karin Mensah, Henghel Gualdi, Jack Owens, Jorma Kaukonen, David Riondino, Selma Hernandes, Daniel Corzo, Juan Diego Flòrez, Donna Nowell, Cinzia Spata, Pedro Florez, Avi Avital, Ksenija Sidorova, Rai Radio3 e tanti altri.

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Benvenuti e grazie per questa intervista.

Come è nato l’incontro fra di voi e cosa ha fatto scattare la scintilla per decidere di fare musica insieme?

(Risponde Roberto Gargamelli) – Ho conosciuto Marco Di Meo che ero un bambino, avevo 11 anni, stavo iniziando ad approcciare la chitarra e per tanti anni sono stato un suo allievo. Successivamente ho intrapreso studi classici al Conservatorio Rossini di Pesaro ed abbiamo continuato a scambiarci idee musicali che ci hanno permesso di creare una vera e propria simbiosi musicale che si completa con il nostro forte rapporto di stima ed amicizia profonda. Questo nel tempo ha portato all’inevitabile bisogno di fondere le nostre due anime musicali e di creare Incipit Suite Guitar Duo.

Come nasce la gestazione di un vostro brano?

I brani nascono da un forte bisogno di comunicare le nostre sensazioni, percezioni, storie ed emozioni utilizzando la scrittura musicale come veicolo prima e l’esecuzione della stessa poi. Spesso condividiamo idee musicali che poi elaboriamo  personalmente e dopo un certo periodo di tempo più o meno lungo, per qualche regola sconosciuta, percepiamo che il brano non necessita di ulteriori modifiche e questo sancisce la nascita di un nuovo pezzo.

“Telepathy” è un bellissimo disco con un titolo affascinante, volete raccontarci qualcosa in più?

Durante i nostri concerti i pensieri musicali si mescolano alla simbiosi musicale che diventa fortissima perché è il momento nel quale le nostre conoscenze musicali e le emozioni si fondono. Spesso l’interplay è così profondo che abbiamo la sensazione di essere in contatto “telepatico”.
Un tempo erano le case discografiche a dettare il bello e cattivo tempo, poi la crisi del disco con l’avanzare delle nuove tecnologie. Oggi è tutto a portata di tutti. “Musica e Social Network”, cosa ne pensate?


I Social Network sono una grandissima risorsa che può permettere a chiunque di ottenere in pochissimo tempo tutta la musica che si vuole, così tanta da potersi “perdere”. Per me che sono cresciuto in un tempo nel quale ti recavi al negozio e compravi un po’ a scatola chiusa i dischi idei tuoi artisti preferiti magari avendo  solo letto una recensione su qualche rivista di settore rappresenta una grande opportunità.. Al tempo stesso tuttavia, per via dello stesso meccanismo, posso sicuramente affermare che l’ascolto musicale è diventato molto più superficiale. C’è talmente tanta musica da dover ascoltare!

Ci sono autori che hanno avuto o che hanno influenza sul vostro modo di scrivere?

Siamo fortemente legati a molti artisti completamente diversi tra loro, da Antônio Carlos Jobim, Joao Gilberto (padri della bossa nova), Wes Montgomery, Charlie Christian, Django Reinhardt, Joe Pass e Pat Metheny nell’ambito jazz; importantissimi i compositori Leo Brouwer e Villa Lobos che hanno scritto tanto per la chitarra: le loro composizioni sono fortemente idiomatiche. Ovviamente anche i chitarristi della scena Rock anni ’70.

Come è nata la collaborazione con altri artisti quali Erèndira Diaz, Fabrizio Bosso, Elio (Elio e le Storie Tese), Paolo Fresu?

(Risponde Marco Di Meo) – La collaborazione con Eréndira Diaz è nata dopo averla ascoltata in concerto. Ci è subito sembrata la cantante nonché chitarrista, più vicina al nostro mondo, con le grandi doti linguistiche e la notevole capacità interpretativa, le collaborazioni con i vari jazzisti sono nate all’interno dei festival jazz nei quali abbiamo suonato (‘Sette giorni in Jazz’ a Montemarciano (AN), live nel Teatro di Porto San Giorgio e altri). Con Elio (di Elio e Le Storie Tese) ho suonato nell’Opera “Isabella” del compositore Milanese Azio Corghi, dove Elio interagiva con i cantanti lirici presentando la prima al “Rossini Opera Festival”.

Potete raccontarci qualcosa sui vostri progetti futuri?

I nostri progetti futuri sono ovviamente di continuare a fare tanti concerti e ricercare nuovi stimoli compositivi. Sicuramente uno dei nostri progetti futuri sarà di collaborare con un’orchestra sinfonica.

 

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