Intervista alla pianista e compositrice Greta Cipriani

Benvenuta Greta e grazie per questa intervista.

copertina cipriani

1) C’è stato qualche episodio particolare che ti fatto sentire l’esigenza di comporre? Quale è stato quindi il tuo percorso formativo e cosa ti ha formato maggiormente?

Nel periodo adolescenziale composi varie canzoni, era una forma breve e particolarmente vicina alle esperienze di quella età. A 19 anni iniziai a scrivere poesie e questa forma espressiva, anche se in maniera saltuaria, mi ha accompagnato finora. Ma la composizione vera e propria, quella che affronto oggi, ossia quella pianistica, l’ho scoperta circa tre anni fa. In realtà iniziai a scrivere qualche pezzo proprio per uno spettacolo poetico. La mia musica era affine al linguaggio di alcuni amici poeti che frequentavo. Grazie all’incoraggiamento di vari artisti, iniziai questo percorso parallelamente alla mia attività di pianista. Fu tutto così spontaneo. La mia natura poetica riusciva attraverso il pianoforte a palesarsi in maniera personale e inaspettata. Credo che la creatività sia qualcosa di insito nella mia personalità, qualcosa che ha bisogno di alimentarsi in maniera diversa ogni giorno, seguendo strade eterogenee a seconda del mio vissuto. Chiaramente dal punto di vista musicale ciò che mi ispira ogni giorno è il mio bagaglio personale. Essendo pianista classica ed avendo ricevuto una formazione accademica, la musica colta risuona nelle mie ossa. Ma nella mia vita ho ascoltato davvero tanto anche la musica popolare, come si suol dire, Chopin accanto a Thom Yorke, Atom Heart Mother accanto al Preludio del Tristano e Isotta. Credo che la formazione sia diversa giorno per giorno e dipenda semplicemente dal luogo mentale dove vogliamo approdare. Cosa ne facciamo poi della nostra formazione è un fatto personale. Possiamo anche scegliere di semplificare eccessivamente la nostra formazione per un fattore di comunicazione. Ma questo è un altro discorso.

 

2) “Tanguerìa” è il tuo nuovo singolo, puoi raccontarci qualcosa di questo lavoro?

“Tanguerìa” è un viaggio nel mio mondo immaginifico. C’è stato un periodo della mia vita in cui ho suonato Piazzolla e sicuramente il ritmo del tango si è depositato nel mio DNA, anche se Piazzolla scrive sempre più da compositore che da amante del tango in senso stretto. Infatti, nel mio pezzo il richiamo è solo evocato. Non c’è una parentela stretta con la popolare danza argentina. Qualche assonanza iniziale, l’incedere costante di passi ritmici, che subito cedono il posto a divagazioni mentali oniriche e quasi irreali. La parte centrale del brano per me significa addentrarsi in un mondo lucidamente folle, dove le catene sono spezzate ed entra in gioco il “cuore di tenebra” della mia personalità. Non fa in tempo a manifestarsi completamente questo nuovo lato che già torno ad immergermi nelle atmosfere irreali e oniriche della prima parte, questa volta con una maturità maggiore. L’ultima parte è la catarsi, lo sfoggio dell’esibizione a discapito di ogni altra cosa, l’esplosione finale di tutto il sistema che ho creato finora, in qualcosa di travolgente e tellurico. Mi piace richiamare a volte la scrittura ‘prokofieviana’ per la carica “guerresca” che si cela in essa.

 

3) Quanto tempo c’è voluto per preparare il brano?

In realtà la parte pianistica l’ho scritta di getto, non molto. Invece per gli effetti che ho inserito successivamente, ho dovuto ponderare e valutare i suoni, nonché arrangiare le parti, quindi ci avrò messo qualche settimana.

4) Secondo te, oggi, è difficile riuscire a pubblicare un disco?

Assolutamente no. Su Internet è facilissimo. Ci vogliono solo delle belle idee alla base e passione.

 

5) Ci sono tra i tuoi lavori alcuni che ti rappresentano maggiormente?

C’è un lavoro che pubblicherò a breve, che mi rappresenta in maniera particolare. E’ un pezzo pianistico ispirato alla silloge poetica di un mio amico, da cui poi ho tratto anche una canzone in inglese. Chissà che poi non si svilupperà ancora qualcosa di diverso. Il tema è quello del divario interiore e della rinascita. Spero presto di pubblicarlo.

 

6) Quanto c’è di personale nelle tue composizioni?

Credo tutto. Le mie composizioni sono l’idea che ho di me stessa al momento. E’ chiaro che prendo continuamente dagli altri artisti. Mi piace la contaminazione.

 

7) Sei un artista che scrive molti pezzi oppure fanno fatica a nascere?

Non credo di essere molto prolifica. Anche perchè a volte mi capita di lasciare la scrittura di un pezzo musicale e mettermi a scrivere poesia o narrativa. Oppure semplicemente guardo, mi ispiro e vivo. Essendo amante della densità, non amo la quantità eccessiva nelle cose.

 

8) Ci sono degli autori che hanno avuto o che hanno influenza sul tuo modo di scrivere?

Amo ad esempio il minimalismo provocatorio di Satie, l’impressionismo debussyano, ascolto spesso autori di colonne sonore come Michael Nyman, Ryuichi Sakamoto, ma credo di doverli ancora scoprire a fondo, e poi ovviamente il pop, oltre alla classica.

 

9) Oggigiorno forse più di ieri c’è una contaminazione tra generi. La musica, secondo te, si è aperta al mondo?

Certamente. Però trovo che il mondo sia diviso, credo ci siano troppe barriere. La musica colta continua ad essere un’élite. La musica pop in alcuni casi è davvero degenerata in tutto ciò che va a discapito il senso musicale, melodico e strutturale della buona musica. La musica contemporanea molto spesso si pone in un mondo parallelo, come se non venisse toccata dalle derive o conquiste del mondo popolare. Diciamo che non è facile dare un senso unitario a tutto questo. Ma oggi più che mai c’è una grande libertà di linguaggio e credo sia un bene.

10) Come vedi l’utilizzo della tecnologia nella musica di oggi?

Credo che non possiamo farne a meno. Anche se io sono un’amante dello strumento vero e proprio, costruito con le mani e suonato con le mani. Però oggi come oggi è necessario che l’artista si rapporti al mondo digitale, quantomeno per la diffusione della propria musica e ovviamente per avere una qualità sempre migliore delle registrazioni, nonché per sperimentare nuove forme di linguaggio.

11) Spesso gli artisti vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Che progetti hai in proposito?

Assolutamente no. Non vedo l’ora di proiettarmi nel futuro. Ciò che mi spaventa del futuro è solo l’inquinamento globale. A volte anche l’inquinamento acustico. Difficile oggi decidere cosa è rumore e cosa no . Ormai anche la nostra musica fa parte di questo. Ma chi vivrà vedrà e spero che la tecnica possa sempre essere al servizio di un’umanità migliore, che renda tutto assolutamente più vivibile.

Ringraziamo Greta Cipriani per il tempo che ci ha dedicato.

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