
I Demagó sono un gruppo rock italiano composto da Carlo Dadi, Moreno Martinelli, Emanuele Bruschi e Marco Signorelli. Il nome del progetto fa riferimento ad un caffè parigino (Les Deux Magots) frequentato da molti celebri artisti del panorama contemporaneo. All’attivo un disco autoprodotto intitolato “Linea di confine” pubblicato nell’ottobre 2015 contenente nove brani interamente scritti ed arrangiati dalla band. La frequente attività del gruppo ha portato all’incontro con l’etichetta ferrarese (R)esisto Distribuzione con cui nel marzo 2021 è uscito il secondo lavoro discografico intitolato “Ferite”, un EP prodotto da Michele Guberti e con la partecipazione di Manuele Fusaroli, produttore di alcuni dei maggiori dischi indie italiani presso il Natural Headquarter Studio di Ferrara. “Il Mio Demone”, “Le Mani” e “Precario” sono stati i singoli che hanno anticipato l’uscita. Nei mesi di dicembre 2022 e gennaio 2023 il gruppo ha concluso le registrazioni del nuovo album al NHQ studio, prodotto sempre da Michele Guberti, masterizzato da Manuele Fusaroli e promosso e distribuito da (R)esisto. “Anime Nella Pioggia” uscito il 3 marzo 2023, e “Specchio dei nostri occhi” disponibile dal 31 marzo 2023, su tutte le piattaforme digitali, sono i due singoli che hanno anticipato l’uscita dell’album “Anime della pioggia” il 28 aprile.

RINGRAZIAMO I DEMAGÓ PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) Potete raccontarci come componete un’opera?
Solitamente le nostre canzoni nascono dalle idee di Emanuele, il cantante, che è l’autore di tutti i testi. Lui arriva con una sorta di melodia di base alla chitarra acustica e con una prima bozza dei testi e questo rappresenta l’incipit del nostro lavoro. Da lì inizia il vero “percorso” di gruppo in cui si cerca di capire quale vestito donare alla canzone soprattutto a livello sonoro. Cerchiamo di entrare il più possibile dentro lo spirito del pezzo al fine di trovare il mood giusto, quello che si accosta maggiormente alla verità del brano.
2) “Anime della pioggia” è uscito il 28 aprile del 2023, potete parlarci del nuovo album?
Il disco è stato registrato, mixato e masterizzato presso il Natural Headquarter di Ferrara, prodotto da Demago’ e Michele Guberti, con la collaborazione e mastering di Manuele Fusaroli, produttore di alcuni degli album indipendenti più importanti degli ultimi anni (The Zen Circus, Pierpaolo Capovilla etc). Musicalmente si muove tra sonorità che spaziano dall’ alternative rock al noise e confluendo sempre nel cantautorato di stile. Spazi aperti e dal contenuto epico fanno da contraltare a ritmi serrati e compressi, in una sorta di montagne russe sonore che ben si sposano con l’inquietudine e la dolcezza dei testi. Le tematiche affrontate in effetti sondano in profondità l’animo umano, e più spesso l’animo dell’universo femminile, cercando di tracciarne uno spaccato reale e profondo. Ogni fase della vita è segnata da orizzonti da scoprire e difficoltà da superare. Dalla speranza e la meraviglia di una nuova nascita, attraverso i tormenti e le gioie di un’età implacabile come l’adolescenza, fino ad arrivare a descrivere i rapporti di coppia e la drammaticità insita in alcune scelte che non dipendono più da se stessi, ma da gente di potere che ha la presunzione di decidere al posto tuo. Alla fine di tutto, una parola echeggia continuamente tra vette di dolore e abissi di felicità: l’amore, nelle sue infinite declinazioni, sembra essere la risposta che può aprire ad uno scenario degno di essere vissuto. Forse l’unico possibile.
3) Lavorate su un pezzo alla volta o su più brani contemporaneamente?
Tendenzialmente su un brano alla volta, anche se spesso capita che, ad un certo punto, ci fermiamo per i più svariati motivi. Può succedere che c’è necessità in un certo senso di far “riposare” il pezzo per poi riascoltarlo con orecchie diverse, o che ci si blocchi perché qualcosa non ci convince del tutto. Capita anche che non ci si senta in sintonia emotivamente con il brano a cui si sta lavorando e si propenda per sospendere e concentrarsi su un altro che in quel particolare momento si addice più al nostro stato mentale.
4) Si influenzano a vicenda?
Basandomi appunto sulla risposta precedente ti direi di sì, è molto importante avere un processo creativo che tenga conto delle tante variabili dovute all’improvvisazione ma anche avere una base solida testuale e sonora da cui partire e che ti accompagni lungo il percorso. Le canzoni finiscono inevitabilmente per influenzarsi perché più si va avanti più prende corpo il vero suono che marchierà il disco.
5) Come descrivereste il vostro “suono”?
Il nostro suono attinge sia dal rock classico che da quello di ultima generazione. Elementi del brit rock, dell’alternative e dell’indie rock, si uniscono creando una miscela che definisce e caratterizza lo stile Demagó. Troveremo riverberi molto lunghi ed ampi, così come i delay, chitarre elettriche, bassi e chitarre acustiche distorte che si intrecciano delineando un sound corposo e malinconicamente sognante. Il tutto per cucire il giusto vestito da far indossare ai testi, che rimangono il punto focale.
6) Cosa è cambiato con il tuo nuovo lavoro?
Rispetto al primo album Linea di confine del 2015 e Ferite del 2021 possiamo dire che c’è stata una sorta di continua evoluzione sonora pur avendo dei punti fermi che continuano a caratterizzarci come lo stile cantautorale dei testi. In questo disco abbiamo provato a portare il cantautorato in territori per noi inusuali come il noise e l’alternative facendo un uso abbastanza importante di distorsioni praticamente in tutti gli strumenti. C’è una sorta di “apertura” e di senso di epicità che nel disco precedente era meno evidente anche se poi spesso in alcuni brani è tutto molto “serrato”. Affiora un sostanziale rifiuto verso un’idea o percorso immutabile e l’equilibrio degli elementi e delle emozioni viaggia lungo un filo sottile e precario. Ci muoviamo tra queste dimensioni contrastanti che si sposano bene con l’irrequietezza e la dolcezza dei testi.
7) Su cos’altro state lavorando in questo momento?
Il disco è appena uscito quindi ora ci stiamo preparando per suonarlo in giro il più possibile. Stiamo comunque lavorando a delle versioni unplugged di alcuni brani perché convinti che, una volta spogliati e abbandonati a sé stessi, trovino in alcune situazioni ancora più profondità. Abbiamo poi già alcuni pezzi chiusi nel comodino che aspettano solo di essere tirati fuori.
8) Quali influenze non musicali hanno influenzato maggiormente la vostra musica?
Sicuramente la letteratura e il cinema sono due delle nostri fonti d’ispirazione. Insieme alla filosofia, alla sociologia e alla psicologia. In molte canzoni si possono percepire degli spunti “cinematografici” nello stile della scrittura; inoltre il bisogno di andare sempre il più a fondo possibile per donare ai pezzi una parvenza di “Vera Verità “, quella sorta di tensione verso un qualcosa di indefinito è una conseguenza anche degli studi filosofici e psicologi fatti in passato e che continuano ad essere una parte importante per ognuno di noi.
9) Qual è la vostra filosofia musicale?
Parlavamo appunto della filosofia in senso generale; direi che, applicandola alla nostra musica, il senso di verità intesa come ricerca e capacità di mettersi totalmente a nudo e al servizio delle canzoni deve essere pressoché inattaccabile. Ci sforziamo il più possibile di non essere autoreferenziali e di trovare parole e suoni che rappresentino ciò che abbiamo nel profondo. Bisogna essere disposti a sacrificare una parte di noi sull’altare dell’arte e della musica perché solo così chi ti ascolterà capirà che non gli stai mentendo e si specchierà nelle tue canzoni, ritenendole reali.
10) Cosa ne pensate della Loudness War e dell’intensivo utilizzo della compressione dinamica utilizzata nelle tracce audio?
Pensiamo che qualsiasi scelta debba essere presa in nome di una maggiore qualità e non solamente perché il mercato va in quella direzione creando quindi una sorta di “guerra fredda” su chi suoni a volume più alto. Abbiamo cercato di trovare il giusto equilibrio (inoltre il disco è uscito anche in vinile e il rischio è ancora maggiore) tra compressione e qualità dinamica consapevoli del fatto che gli ascoltatori sono portati ad ascoltare maggiormente ciò che alle loro orecchie risulta suonare più “forte”; al tempo stesso non volevamo perdere assolutamente qualità sonora e crediamo che il nostro produttore Michele Guberti abbia sapientemente calibrato il tutto.
11) Se qualcuno non ha mai ascoltato la vostra musica, quali parole chiave usereste personalmente per descrivere il vostro suono e il vostro stile?
In base a quanto detto precedentemente possiamo dire che la definizione di gruppo alternative rock cantautorale è forse quella che ci definisce meglio.
12) Potreste gentilmente anticiparci qualcosa sul vostro/i prossimo/i progetto/i?
Quest’anno e parte del prossimo lo passeremo il più possibile in giro a suonare. Nel mentre abbiamo già dei pezzi che sono a buon punto per il prossimo album, ma dovremo aspettare l’intuizione giusta e capire, a livello di scrittura e di suoni, quale direzione intraprendere. Come spiegavamo sopra, niente sembra essere immutabile e in questo continuo fluire e divenire bisogna essere pronti a farsi sorprendere e trovare il “cuore” giusto, abbandonarsi a un pluralismo emozionale e di suoni, presupposto imprescindibile da cui tutto inizia.


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