INTERVISTA ESCLUSIVA AI THE ROOTWORKERS

I ROOTWORKERS nascono nel 2019 nei meandri delle campagne appignanesi (MC), dove stabiliscono la loro base operativa. Sin dai primi esperimenti in sala prove trovano affinità nello studio della musica nera, incentrando la loro ricerca sulla costruzione di suoni acidi, stridenti, intrisi di groove che trascendono il classico blues. Un’indagine musicale ed estetica che riparte dalla traccia, dal frammento, riportando quell’atmosfera nebulosa e labirintica di un paesaggio sonoro in sospensione. La formazione è composta da ENRICO PALAZZESI al microfono/chitarra ritmica/chitarra slide, LORENZO CESPI al basso, ANDREA BALLANTE alla chitarra solista ed ENRICO BORDONI alla batteria/piano.

RINGRAZIAMO I THE ROTTWORKERS PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) Com’è nato il nome della vostra band? Potreste raccontarci anche un po’ di voi e la storia della vostra band?

Il nome “The Rootworkers” letteralmente significa “lavoratori di radici” e rappresenta quello che è il nostro obiettivo: lavorare sulle radici della black music modificandone le strutture, i suoni e le metriche. Inoltre, i Rootworkers o Rootdoctors erano dei dottori di alcune tribù indigene, i quali usavano curare ferite e malesseri con erbe e rimedi del tutto naturali, combinati con rituali hoodoo per scacciare i mali dai pazienti. La band è nata nel 2020 quando abbiamo iniziato a vederci regolarmente in sala prove con l’intento di scrivere brani nostri.

2) Quando avete iniziato a suonare? E cosa o chi sono state le vostre prime passioni e influenze?

Ognuno di noi, prima di incontrarsi, suonava già da qualche anno e con altre formazioni oppure da soli in casa, l’unica cosa in comune era la passione per la musica ed in particolare per il blues e le sue diramazioni. Essendo la nostra una zona abbastanza fertile nell’ambito musicale, abbiamo avuto modo di vedere band di amici o conoscenti suonare live e questo ci ha spinto ancora di più a voler intraprendere la medesima strada. Le influenze vengono da tantissimi artisti, soprattutto afroamericani dato che si parla di blues, ma anche inglesi, italiani e in generale tutti i gruppi con i quali abbiamo almeno una piccola cosa in comune.

3) Il vostro singolo “Dead Flowers Blues” è uscito il 19 maggio del 2023, potete raccontarci di questo lavoro e dell’EP “Attack, Blues, Release”, uscito il 6 ottobre del 2022?

“Dead Flower Blues” è un brano a cui teniamo molto, il primo scritto dopo l’EP “Attack, Blues, Release”. Rappresenta il nostro modo di scrivere la musica, che parte da riff o linee melodiche spesso delta blues ma che, con il contributo di tutti, diventa tutt’altro, fino a prendere pieghe più “heavy” o psichedeliche. Questa particolarità si presenta anche in “Attack, Blues, Release” che è pieno di atmosfere che cambiano continuamente e di intenzione a stravolgere il classico, a dare qualcosa di più di un “semplice” blues come lo consociamo.

4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione del singolo e dell’EP?

L’EP è stato scritto in un anno, precisamente tra il 2020 ed il 2021. Avevamo sei pezzi pronti e grazie alla vittoria dell’Homeless Fest 15 abbiamo avuto la possibilità di inciderli tutti. La sessione di registrazione è durata 3 giorni.

5) Quali sono secondo voi i momenti incisivi del vostro lavoro e/o della vostra carriera musicale?

Sicuramente la partecipazione e la vittoria dell’Homeless Fest è stato un passo importante per noi, grazie al quale siamo riusciti a registrare un EP e trovare le prime date della nostra carriera. Una di queste è stata al Circolo Dong di Macerata dove abbiamo suonato davanti a parecchie persone anche interne all’organizzazione di altri circoli e locali; da quel live abbiamo iniziato a prendere il giro della provincia di Macerata ed Ancona, riuscendo a suonare live per tutta la stagione estiva.

6) Ci sono stati autori che hanno avuto o che hanno influenzato la vostra musica?

Molti autori hanno influenzato e continuano ad influenzare la nostra musica, prendiamo spunto soprattutto dall’attitudine che hanno e indaghiamo i dettagli di grandi lavori del passato e del presente, ispirandoci a chi li ha scritti ma senza mai scadere nella copia.

7) Come definireste la vostra band e il vostro spirito musicale?

The Rootworkers è un progetto volto a rimodulare la black music, partendo dai blues del Mississippi fino ad arrivare al suol, funk, psichedelia e altre branchie della musica afroamericana. Cerchiamo costantemente di rompere i classici schemi che per decenni sono stati utilizzati nella scrittura del blues, tentando di apportare un nostro stile di suonare e concepire quella tipologia di musica. Affrontiamo il tutto con uno spirito quasi di “sfida” con noi stessi e con la musica, spolverandone la storia, le radici e le tecniche, per poi lavorarle e proporre una nuova faccia di quella medaglia che chiamiamo blues, sia a livello compositivo che timbrico e sonoro.

7) Se fosse possibile con quale band o cantante amereste cantare e suonare?

Ce ne sarebbero veramente troppi. Per fare solo un nome, sarebbe un sogno comune suonare con GA20.

8) Avete già qualche altro progetto in cantiere? Potete già anticiparsi qualcosa?

Per il momento stiamo iniziando con la scrittura di nuovi brani in vista di un futuro album al quale vorremmo lavorare questo inverno, ma non è ancora niente di definitivo. Questa estate sarà densa di concerti dal vivo e per il momento pensiamo a questo, ma con l’arrivo della nuova stagione sicuramente uscirà qualcosa di nuovo.

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