INTERVISTA ESCLUSIVA AL CANTUAUTORE ROMANO RAESTA

RAESTA, all’anagrafe STEFANO RESTA è cantautore, medico e polistrumentista. Nato e cresciuto in una famiglia votata allo sport, un difetto al cuore lo incoraggia a cercare il suo posto nell’arte e a nutrire la sua indole creativa per dargli conforto e spazio. Sin dalla prima infanzia mostra una spiccata capacità nelle arti figurative e a otto anni inizia a cimentarsi con le prime lezioni di pianoforte, aprendo la via a una strada che ancora sta percorrendo. Diventa batterista e co-arrangiatore in alcune band dreampop e folk della provincia di Bari. Dopo un Erasmus in Spagna e numerosi viaggi, comincia a inseguire un suo ideale di musica che lo porterà a scoprire il mondo dell’elettronica e della produzione homemade. Si fa sempre più chiara la sua volontà di unire la musica cantautorale della grande tradizione italiana con le più recenti tendenze internazionali. Decide quindi di mettersi in gioco in prima persona in un suo progetto musicale, diventando frontman della band alt-rock ILARIA IN UNA STANZA, con cui nel 2015 rilascia l’EP SCRUMBLE! (prod. Makai). Per motivi di studio rimane in Puglia fino al 2017 quando, approdato a Roma, trova nuova linfa e ispirazione: registra e rilascia il suo primo singolo DISTANT WORLDS / WAKE UP! Nel 2018 pubblica VIENNA (prod. ANDREA ALLOCCA) e inizia la collaborazione con VINCENZO VESCERA. Nel 2019 è finalista a La Spezia del PREMIO LUNEZIA. Il suo debutto in un album in italiano avverrà dopo l’incontro con RICCARDO SINIGALLIA, che consiglierà una produzione a quattro mani con il cantautore Vincenzo Vescera (VINVÈ): esce BIANCALANCIA nel maggio del 2021 (prod. Vinvè Multimedia), distribuito Artist First. L’album è stato candidato alle targhe Tenco 2021. Ha realizzato l’EP RESTO A SUD, che vede le collaborazioni di FRANCESCO DI BELLA e FEDERICA FORNABAIO.

RINGRAZIAMO RAESTA PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) Puoi raccontarci un po’ di te?
Ciao. Sono un cantautore-medico. Sono pugliese, di Corato. Ho vissuto a bari e attualmente vivo a Roma, dal 2016.  In quell’anno ho iniziato da solista, dopo alcune esperienze in band rock e folk come batterista e poi cantante, col progetto Raesta col produttore Andrea Allocca. Dal 2019, dopo l’incontro di Riccardo Sinigallia, ho iniziato a scrivere in italiano col cantautore Vincenzo Vescera con cui ho scritto e pubblicato un album “Biancalancia” e un EP “Resto a sud” col duo Raestavinvè. Da circa un anno invece sto parallelamente riprendendo col mio progetto solista. E dopo aver conosciuto Max Lambertini e la realtà del Natural Head Quarter eccomi qui…

2) C’è stato qualche episodio particolare che ti ha fatto sentire il bisogno di scrivere le tue canzoni? Qual è stato il tuo percorso formativo e che cosa ti ha influenzato di più?
Credo di essere sempre stato portato alla creazione, prima nella pittura, poi nella musica. Ho sempre affiancato agli studi scolastici lo studio per alcuni strumenti musicali: il piano prima, la batteria poi. Sono assolutamente autodidatta sulla chitarra e nell’utilizzo di software per la creazione di musica. I miei mi hanno spinto verso la musica anche per non farmi pesare il fatto di non potermi dedicare (come il resto della famiglia) allo sport per un problema fisico. Per me suonare in band ha costituito una parte fondamentale dell’adolescenza e non ho più smesso alternando la mia militanza in diverse formazioni (rock, pop, folk). Amo visceralmente i Radiohead e i cantautori italiani: De Andrè e Dalla sono tra i principali.  Credo che il mio approccio ai pezzi in maniera sperimentale ma rigoroso venga da queste due matrici principali.

3) L’EP “Fuoco di paglia”, è uscito il 24 novembre del 2023, puoi parlarci di questo lavoro e dei tuoi lavori precedenti?
Fuoco di Paglia è una prima raccolta di brani sotto il moniker di Raesta, la prima opera organica. Sono cinque pezzi che in maniera diversa raccontano qualcosa di me: il mio rapporto con gli amici, con la famiglia, le mie relazioni passate e il mio presente di uomo sposato. C’è un paradigma di stili musicali che sintetizzano le mie tendenze artistiche. L’EP è stato prodotto a Ferrara, dopo aver conosciuto Max Lambertini, con Michele Guberti e Manuele Fusaroli, due fuoriclasse della produzione musicale. Con i Restavinvè abbiamo pubblicato un album, “Biancalancia” (incentrato sulle donne) che vede la collaborazione di due artisti incredibili: Francesco Di Bella e la cantautrice francese Clio e un EP “Resto a Sud”.

4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione dell’EP e dei dischi?
Scrivo pezzi ormai da 7-8 anni. Molti di questi pezzi sono finiti nell’album Biancalancia, altri attendono di essere prodotti, alcuni sono stati selezionati per “Fuoco di paglia”. L’EP è stato registrato partendo da demo (e da precedenti produzioni con Maurizio Loffredo) presso il Natural HeadQuarter a Ferrara. Ci sono volute due settimane, una a marzo e una a giugno, mix e master esclusi. Poi c’è stato il videoclip, il servizio fotografico ecc. Credo un anno circa avendo conosciuto Max circa un anno fa.

5) Attualmente, è difficile pubblicare un disco, un EP, un singolo o un videoclip?
Direi che un singolo non è difficile realizzarlo e magari anche girare un video. Ci sono tantissime realtà ormai, nelle grandi città ma anche nelle più piccole. Certo devi avere qualche soldo da parte specie se sei solo. Altra cosa è un album. Lì lo sforzo è molto maggiore. In quel caso se non si ha una realtà grossa alle spalle, qualche sacrificio serio tocca farlo. L’importante è credere in quello che si fa e lasciarsi avvicinare da persone propositive e non credere a risultati facili. C’è molto lavoro da fare: scrivere un pezzo a volte non è che il primo step.

6) Come hai affrontando il precedente stato d’emergenza da virus SARS-CoV-2 e cosa provi per l’attuale abbattimento delle restrizioni?
Da medico ho affrontato le pandemie in ospedale. Fortunatamente non ho contratto il virus e non ho patito troppo le restrizioni essendo io autorizzato ad “andare a lavoro”. Tuttavia credo sia stato un momento di svolta epocale. Credo che lo shock e il trauma ce lo porteremo dentro per un po’ di anni. E’ stato anche il momento in cui, lavorando a distanza, abbiamo messo su con Vincenzo il progetto RaestaVinvè quindi fortunatamente ho anche bei ricordi. Oggi con l’abbattimento delle restrizioni, credo che ancora si abbia l’impressione di avere una libertà precaria. I conflitti scoppiati ci stanno facendo concentrare su altro ma le mascherine e i gel ormai fanno parte della nostra cultura.

7) Quali sono i tuoi pezzi che più ti rappresentano?
Credo “E se fossi tu”. Sono una persona che difficilmente si concentra sul presente purtroppo. Sono sempre in preda a dubbi, incertezze, a mille pensieri, mille ricordi. Forse quel brano si avvicina a questo mio lato preponderante del mio essere.

8) Quanto di personale c’è nelle tue canzoni?
Parecchio. Questi cinque brani sono abbastanza autobiografici. Mi capita raramente il contrario. “Andrea”, o i “Ragazzi Marsigliesi” sono tutti miei amici di cui parlo e che hanno in qualche modo inciso nella mia vita. Per alcuni versi “Ehi Monsieur” e il brano con un contenuto più sociale che individuale. Ma anche in quello si parla della mia vita. Il mare e il lago hanno davvero costituito un’opzione per me che ho vissuto un anno e mezzo a Viterbo, dove ho scritto quel pezzo.  

9) Sei un cantautore che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?
Non sono uno che scrive in continuazione. Vado a periodi direi. Ci sono periodi in cui non scrivo altri in cui ne faccio e sono anche numerosi e magari appuntati qua e là e mi capita di perderli per poi ritrovarli, casualmente mesi dopo. Comunque ho un paio di cartelle con pre-produzioni, demo e varie idee.

10) Da dove trai ispirazione? Hai qualche tipo di rituale prima di iniziare a lavorare?
Posso iniziare da un riff di chitarra, da uno studio sul piano, dall’analisi di altri artisti. Sicuramente una condizione fondamentale almeno per il testo è che sia solo. Ho scritto e scrivo in due ma è diverso. Ho dei momenti della giornata o degli stati d’animo che ormai so riconoscere. Lì devo essere pronto a mollare ciò che sto facendo (anche mettermi a letto) per prendere appunti o finire un brano.

11) Come reagisci quando hai un blocco creativo?
Non bene. Quando penso ad un brano che ritengo particolarmente riuscito la frase che tiro fuori è “Non mi uscirà più un pezzo tipo…” ma poi, come mia moglie mi fa notare, proprio nello stesso periodo nasce qualcosa di nuovo e interessante. Accetto il blocco, ma so anche che se voglio riprendere a scrivere devo in qualche modo tenermi in allenamento: a volte cantando, a volte leggendo, a volte suonando. Così quando l’ispirazione arriva mi trova il più pronto possibile.

12) Oggi forse più di ieri c’è una contaminazione dei generi. Pensi che la musica si sia aperta al mondo?
Assolutamente sì. La musica è uno specchio della nostra società sempre più globalizzata, sempre più uniformata. Tanti generi che hanno dettato legge nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo oggi sono abbastanza relegati a “semplici” stilemi da studiare. Ma è difficile trovare qualcosa di musicale che non si sia aperta al mondo: e credo che ciò valga anche per i conservatori o le tribù più selvagge! Credo che il rap sia tra i generi più diffusi e trasversali e questo nella scrittura di pezzi anche pop oggi si riconosce molto.

13) Come giudichi l’uso della tecnologia e dei social media al servizio della musica?
Oggi non puoi avere un progetto e non essere presente su qualcuno dei social media. La musica è aggregazione quindi si serve anche di questi mezzi. Bisogna tenere presente sempre quello che si voglia fare e dove si voglia arrivare. Ignorare realtà come Instagram o Tik Tok non credo sia la soluzione giusta. Tuttavia bisogna sempre ricordarsi che si tratta di spazi non del tutto liberi: appartengono a qualcuno e noi siamo solo ospiti. Non sono così democratici come si più pensare…

14) Il ruolo dei cantautori e delle band è sempre stato soggetto a cambiamenti. Qual è la tua opinione sui compiti (ad esempio politici / sociali / creativi) degli artisti di oggi e come raggiungi questi obiettivi nel tuo lavoro?
Il ruolo dell’artista dovrebbe essere quello di stupire e di provocare; di nutrire l’immaginazione e di ammaliare, ma anche e soprattutto di veicolare messaggi, o come nel caso di alcuni cantautori, rapper e non solo, di informare e denunciare. Il mio personale apporto è quello di provare a fondere, sperimentare generi diversi, specie se non del tutto sviluppati in Italia, e di farne una mia personale sintesi: in questo mi piace pensarmi come un mediatore. All’interno ci inserisco poi, nei testi, dei messaggi per me in primis importanti sperando di entrare in risonanza e di arrivare alla gente per dare anche un messaggio di speranza e di comprensione umana.

15) Che consigli daresti ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?
Non saprei perché non mi sento di essere uno che è davvero emerso. Se si ha voglia di provare ad avere un proprio progetto musicale e se si hanno sufficientemente le idee chiare suppongo che qualunque mezzo vada tentato, anche la TV. Ma se non si ha fretta e si vogliono comunque perseguire i propri sogni basta lavorare sodo e non accettare facili scorciatoie che il più delle volte sono grandi bluff, anche nell’era di Spotify.

16) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il futuro non mi spaventa, se non nella misura in cui mi farà perdere persone importanti. In realtà cerco di essere aperto ad ogni evenienza (e gli ultimi eventi nel mondo sono stati una bella palestra). Per il momento sono solamente curioso e ansioso di portare in giro questo progetto e di proseguirlo parallelamente al mio progetto in duo e alla mia professione. Purtroppo ho la testa abbastanza per aria e sono molto dispersivo e confusionario ma sono anche molto testardo e conto davvero di far crescere questo progetto e di portarlo in giro, in Italia e oltre. Chissà…