INTERVISTA ESCLUSIVA AL CANTAUTUORE STEFANO FERRIOLI

Stefano Ferrioli, nasce a Portomaggiore, in provincia di Ferrara. In età adolescenziale comincia a cantare nei gruppi musicali che nascevano al liceo. Gli amori musicali di gioventù erano Dylan, Neil Young, Joan Baez, Leonard Cohen. Ma anche tutto il cantautorato italiano in maniera particolare quello Genovese, Endrigo, Lauzi, Paoli, Tenco, Bindi. Frequenta corsi di canto con l’insegnante Rita Botto di Bologna. Parallelamente inizia a fare teatro dapprima con compagnie amatoriale e poi inizia un percorso semiprofessionistico fra il teatro e la danza collaborando con compagnie di Teatro sperimentale. Attorno ai 20 anni rimane folgorato dal movimento musicale culturale brasiliano del tropicalismo: Milton Nascimento, Chico Buarque, Caetano Veloso, Maria Bethania e Gilberto Gil entrano prepotentemente nell’idea e nella sua passione musicale. Insieme a tutto il movimento musicale di rock alternativo newyorkese e al nuovo cantautorato pop elettronico italiano. Dal 1998 al 2015 ha portato in giro cantato e interpretato un omaggio a De André con il patrocinio della Fondazione De André. Poi nel 2020 inizia a scrivere canzoni. Inizia a studiare armonia e composizione e nascono le prime canzoni: “E va”, “Tempo” e “AhMamì”. Questi tre brani fanno parte di un progetto che prende come riferimento il periodo della scuola genovese degli anni 70. Nel 2023 inizia la collaborazione con Massimiliano Lambertini e Michele Guberti per la produzione del suo primo EP dal titolo “Il seme”, presso il Natural Headquarter Studio di Ferrara.

RINGRAZIAMO IL CANTAUTORE STEFANO FERRIOLI PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) Cosa ti ha portato a scegliere il titolo “Il Seme” per il tuo primo EP? Qual è il significato che vuoi trasmettere con questo titolo?

Un seme ti lega alla terra, alle condizioni che ti fanno crescere oppure no. Un seme è dipendente da qualcosa di più grande di lui di cui, forse, sarà parte. Il seme è anche un regalo alla terra, un’opportunità di trasformarsi in qualcosa d’altro. Un seme è microscopico ma se lo curi cresce che è una meraviglia. Il titolo nasce proprio dalla minuzia, dalla cura che ci abbiamo messo a scriverlo, arrangiarlo, produrlo e distribuirlo. E vuole omaggiare tutto ciò che si fa con cura, rispetto, ascolto, studio, lavoro e fatica ovvero tutto ciò che poi ti permette di raccoglierne i frutti, grandi o piccoli che siano non importa. Con il seme stai imparando a coltivarti, a conoscerti e a cercare di far nascere qualcosa di diverso.

2) Puoi parlarci del processo creativo che ti ha portato a scrivere le canzoni di questo EP? Quali sono state le tue fonti di ispirazione?

Questo EP nasce da una sorta di ossessione, dalla mia tendenza a complicare tutto. Dal desiderio di scoprire sfumature opposte in ogni esperienza che viviamo. Ho cercato di esprimere l’incoerenza e l’indefinito che caratterizzano il nostro modo di vivere, le nostre emozioni, la nostra vita, il nostro tempo. il seme nasce nel silenzio. Mentre cercavo di riordinare le idee rocambolesche della giornata di lavoro. Suonavo due, tre, quattro accordi e gli sistemavo su qualche nota. Aggiungo fino a quando non sono soddisfatto poi tolgo l’eccesso. Quando trovo quello che sto sentendo chiaramente in quel momento la canzone poi esce da sola. così le canzoni del seme e così tutte le altre che già ci sono e che verranno poi.

3) Come descriveresti il tuo stile musicale e come si è evoluto nel tempo? Ci sono artisti o generi specifici che ti hanno influenzato particolarmente?

Il mio stile musicale? Scrivo canzoni di musica leggera, cerco di dire le cose che mi sembrano più sensate, sento, o forse penso, che siamo molto in difficoltà come esseri umani, che siamo veramente affaticati in questo mondo esasperato e provo a dare un senso di speranza, proponendo canzoni che pongano a chi le ascolta l’obiettivo di approfondirsi, di chiarirsi, di definirsi. Per ispirarmi mi ispiro a tantissima roba, son due giorni che ascolto Bersani e Carmen Consoli.  Domani ti cito Max Manfredi, Daniela Pes e i Massive Attack. La musica grazie a Dio viaggia indipendente dalle nostre “amate scelte”. Almeno a me tutto quel che mi piace fa parte di quello che vorrei prima o poi uscisse. Poco fa mi sono ascoltato un’oretta di Enzo Carella, grande cantautore. Poi vabbè Fabi, Silvestri, Gazzè, Subsonica, Riccardo Sinigallia son sempre nelle mie giornate.

4) Nel brano “Attimi”, quali emozioni desideri trasmettere e cosa rappresenta per te questa canzone?

“Attimi” ferma il tempo per darci l’opportunità di capirci almeno qualcosa di quello che ci sta succedendo. “Attimi” vuole tenere insieme ogni attimo e vuole che quell’attimo ce lo capiamo e consumiamo per quello che è. Vuole che la finiamo di dare più importanza a ciò che ci potrebbe accadere dopo e sprechiamo il tempo che abbiamo, cioè il presente, a viverlo con disinteresse, ad essere in un altro luogo quando invece fisicamente siamo da qualche parte con qualcuno in una qualche situazione.

5) Hai menzionato che l’EP è un racconto della vita e delle emozioni. Cosa speri che gli ascoltatori provino o comprendano ascoltando il tuo lavoro?

Che ne rimangano confusi come del resto ci resto anche io, di solito, quando cerco di capirci qualcosa della vita.

6) Come descriveresti la tua esperienza di collaborazione con Michele Guberti e Massimiliano Lambertini durante la produzione dell’EP?

Mi hanno chiamato da loro e ci sono arrivato con una manciata di canzoni un po’ sconclusionate, ero anche molto intimorito perché sapevo chi passava del Natural Head Quarter studio, ma ho trovato fin da subito curiosità ed una buona dose di formazione sul come rendere e scrivere le mie canzoni. Michele Guberti mi ha dato una impostazione di lavoro che mi porterò avanti per tutta questa avventura nella musica

7) In che modo il tuo background in teatro ha influenzato il tuo approccio alla musica e alla scrittura dei testi?

I testi vengono dalla vita. Il teatro mi aiuta a rappresentarla.

8) Quali sono le sfide che hai affrontato nel tuo percorso musicale e come le hai superate?

La solitudine. Nel momento in cui ho deciso di scrivere canzoni mie mi sono sentito un po’ solo. Ma poi ho capito che avevo preso un mio percorso: dovevo definire cosa stavo facendo a me e gli altri. Dovevo raggiungere il mio obiettivo che era quello di far capire, chi io fossi, a coloro che avevano voglia di saperlo. Sono stato tenace e irreverente, me ne sono un po’ fregato di tutto, se devo dire la verità. Mi andava di scrivere certe canzoni e le ho scritte.

9) Qual è la tua visione dell’arte musicale e come speri che il tuo lavoro possa influenzare le persone che ti ascoltano?

La musica penso sia l’arte più povera di conoscenze fra tutte. Povera perché semplice: niente, ci rappresenta meglio un momento della nostra vita, di una canzone.

10) Cosa puoi dirci riguardo ai tuoi progetti futuri? Hai già in mente nuove canzoni o concetti per il tuo prossimo lavoro?

Ho già scritto molto e continuo a scrivere, il seme germoglia: nascono canzoni nuove con grande facilità. Vediamo come vanno le cose ma vorrei uscire con un EP nuovo l’anno prossimo o forse anche qualcosa di più. Ho molto a cuore l’ecologia del mondo, le buone pratiche, il buon vivere in connessione fra tutti gli essere viventi e non. Vediamo cosa salta fuori. Voglio rimanere legato alla terra finché si può.

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