
Polistrumentista e compositore pordenonese, Paolo Paron inizia a pubblicare canzoni originali con l’Orchestra Cortile, un mix di stili come Area e Capossela. L’Orchestra pubblica due EP e vince il Premi Friûl nel 2009, ma si scioglie nel 2011. Durante questo periodo, Paron si dedica alla musica per teatro e cortometraggi, lavorando con scuole e comunità su improvvisazione musicale. Fondando la compagnia Harmony Sto.Co.Co. con Natalie Norma Fella e Paola Aiello, il loro reading “Stone Cold Surrender” ottiene riconoscimenti. Nel 2017 collabora alla sonorizzazione della lettura “Fuori Fuoco” con Chiara Carminati. Nel 2012 debutta online con un EP solista che mescola influenze anni ’70 e sonorità moderne. Nel 2017 pubblica “Vinacce – Canzoni per inadeguati”, un album con sonorità vintage. Nel 2018, come tastierista con Playa Desnuda, suona al Rototom Sunsplash Festival. Successivamente, crea il progetto Jamaican Music Book, uno spettacolo che celebra la musica giamaicana. Nel 2023, con Massimiliano Lambertini e Michele Guberti, sviluppa un nuovo stile pop, dando vita a cinque canzoni per l’EP “Brucia ancora quell’estate”.
RINGRAZIAMO IL CANTUATORE PAOLO PARON PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA


1) Cosa ti ha ispirato a scrivere e comporre l’EP “Brucia ancora quell’estate”? Puoi parlarci anche dell’album precedente “Vinacce (Canzoni per inadeguati)” composto nel 2017?
La scrittura di canzoni per me è un processo creativo costante, mi azzarderei a dire “necessario”: è il mio modo di sublimare delle riflessioni sul mondo e condividerle con gli altri. In questo caso il filo conduttore che lega le canzoni è il sentimento del tempo, tempo in divenire, tempo di maturazione, tempo delle generazioni, e tempo a volte immobile. Sicuramente è stato ispirato ai tanti incontri avuti con persone molto diverse da me negli ultimi anni. Vinacce invece era una raccolta molto più introspettiva, legata a una mia difficoltà nel trovare un posto nel mondo a ridosso dei 40 anni.
2) Quale messaggio speri che gli ascoltatori colgano dalla tua musica?
Mi piacerebbe suscitare curiosità, propensione all’ascolto e alla sospensione del giudizio, e a pensare ad ogni momento e ad ogni incontro, nella nostra vita, come significativo. E spero con un po’ di ironia e senza troppi drammi.
3) Come descriveresti il processo creativo dietro la scrittura delle tue canzoni?
Solitamente parto da una frase, una traduzione in parole di un fatto o di una sensazione, e da lì comincio a sviluppare una storia, una narrazione; in maniera abbastanza naturale mentre scrivo canticchio un embrione di melodia, per aiutarmi con la metrica. E così poi arriva la musica vera e propria. A volta è un procedimento veloce, come in “Freud e le anguille” o “Petricore”, a volte è un percorso molto più lungo, e ci vuole una scintilla, un’intuizione che faccia andare al loro posto gli elementi.
4) In che modo le tue esperienze personali influenzano i testi dei tuoi brani?
Come ho già scritto, totalmente. “Vorrei avere vent’anni” nasce dal lavoro che svolgo con ragazzi di quell’età. Anche “Freud e le anguille” parte da quel contesto, e la pressione a cui siamo tutti sottoposti, dare un nome, un’identità, un senso produttivo alla nostra vita che invece è un continuo divenire. “Vaniglia” racconta una relazione a distanza nata durante il lockdown. Insomma sono tutte situazioni che nascono dal vissuto mio e delle persone che ho intorno.
5) Quanto è importante per te il legame tra musica ed emozioni?
Credo che la canzone sia un modo di veicolare dei messaggi andando proprio a toccare i fili delle emozioni, quindi direi che è un legame indissolubile.
6) Cosa rappresentano per te le diverse tracce dell’EP, in particolare “Vorrei avere vent’anni”?
Rappresentano la fotografia di un dettaglio del mondo che ho bisogno di fissare, di rielaborare attraverso la mia sensibilità, e poi condividere con l’esterno. In particolare “Vorrei avere vent’anni” è una riflessione su quante volte la difficoltà di comunicare tra generazioni tenda ad esprimere uno sguardo pregiudiziale, se non un vero e proprio giudizio di merito, quando ci si dimentica di mettersi nei panni e ripensare a se stessi come un qualcosa in eterno movimento e non arrivati lì dal nulla. Quindi la domanda che porta al titolo: “Cosa farei se avessi vent’anni?” E cosa direbbe il me ventenne al me di oggi? E a un ventenne di oggi? È ancora possibile essere nel mondo senza guardarlo come un orologio rotto?
7) Com’ è stato collaborare con Michele Guberti e Massaga Produzioni per la produzione dell’EP?
Illuminante! Mi hanno ricordato che per comunicare bisogna essere semplici e diretti. Sono stati veramente un gran supporto e hanno capito come valorizzare alcuni aspetti della mia scrittura che forse anche a me non erano del tutto chiari. Una messa a fuoco più precisa su come rendere più efficace la mia necessità di comunicare.
8) In che modo pensi che la musica possa contribuire a connettere le persone in un’epoca così frenetica?
Credo che la musica possa ancora un valore identitario, ma all’interno di certe nicchie, magari molto “specializzate”. Sono piuttosto pessimista sul valore collettivo della musica come avrebbe potuto averlo fino a vent’anni fa. E poi credo valga moltissimo il peso generazionale, qui per davvero. A livello di linguaggio e di contenuti. Credo siamo da questo punto di vista più vicini agli anni ’60 che agli anni ’90, ma temo senza lo stesso ottimismo.
9) Quali artisti e generi musicali hanno influenzato il tuo stile e la tua musica?
Beh sicuramente il cantautorato storico, soprattutto a livello di testi e tematiche: Guccini, il Dalla degli anni ’70, Vecchioni. Musicalmente, almeno in questi ultimi anni la musica indipendente degli anni ’90 mi è stata di grande ispirazione, con quel suo desiderio di arrivare con energia a un livello collettivo, non intimista.
10) Cosa ti aspetti per il futuro della tua carriera musicale e quali sono i tuoi prossimi progetti?
Non so bene cosa aspettarmi, spero di non perdere la curiosità e il gusto per sperimentarmi in nuove formule espressive. Mi piacerebbe partecipare a qualche bel festival, confrontarmi con il pubblico il più possibile. E scrivere, di quello non posso fare a meno.