Intervista al pianista e compositore Feryanto. “We are Infinite” è il suo ultimo progetto discografico

Pianista e compositore Feryanto Demichelis inizia lo studio del pianoforte a tre anni con Maria Rezzo,  a sei anni vince il suo primo concorso a Stresa come I° assoluto della sua categoria. Negli anni seguenti partecipa a molti concorsi italiani ed internazionali, vincendo cinquanta primi premi assoluti come solista e in duo pianistico con Elisabetta Pitotto. Nel 1994 /1995 partecipa a stage di direzione d’orchestra a Lugano, su invito di Richard Schumacher mentre nel biennio 1995/1996 intraprende un’intensa attività concertistica come solista in Svizzera, Italia e Indonesia (suo Paese d’origine). Compiuti gli studi di pianoforte e contrappunto si dedica prevalentemente alla composizione e all’insegnamento. Nel 2007 registra, come pianista solista, parte della colonna sonora del film “Il dolce e l’amaro” di Andrea Porporati. Alla fine del 2008 registra e produce il disco “Velo di Maya” per pianoforte, batteria e violoncello. Dal 2009 è direttore artistico e docente di pianoforte classico e moderno presso la scuola di musica MusicAvanguardia di Rivoli. Nel 2014 fonda il trio Koneskin, di cui é stato tastierista, cantante e compositore.

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1. C’è stato qualche episodio particolare che ti fatto sentire l’esigenza di comporre? Quale è stato quindi il tuo percorso formativo e cosa ti ha formato maggiormente?

Il mio desiderio di comporre è cresciuto nel tempo e durante le varie fasi di studio. Stravinskij diceva che “Comporre musica è fare, non pensare”, io aggiungerei anche “..studiare”. Fin da piccolo suonavo grandi autori classici come Bach, Mozart e Chopin e ho subito capito che alcune loro opere erano state concepite da giochi di improvvisazioni, di scambio di parti, di accordi rivoltati e di temi trasformati e camuffati. Quel gioco, che rendeva una musica così orecchiabile quanto complessa da eseguire, mi ha aiutato a studiare e a comprendere più facilmente quello che stavo suonando, avvicinandomi sempre più all’idea di uscire dal pentagramma e comporre qualcosa di parallelo. Inoltre il canto amatoriale, la produzione di effetti sonori, l’ascolto e la riflessione critica hanno favorito lo sviluppo della mia musicalità di oggi. Infine, attraverso l’esperienza di band e di far musica insieme ho appreso l’idea di “improvvisazione”, intesa come gesto che sintetizza in un unico istante-istinto creativo le diverse fasi del comporre, quali la conoscenza, l’istinto e il produrre. Col tempo ho capito che composizione e improvvisazione sono aspetti complementari e interdipendenti e rappresentano entrambi un unico processo che si svolge nel tempo.

2. È da poco uscito il tuo nuovo disco “We are Infinite”, puoi raccontarci qualcosa di questo lavoro?

“We are Infinite” è un album fatto di piccole storie in un unico gesto sonoro. I brani sono stati concepiti come scene di un unico copione, dove i personaggi cambiano ma il tema rimane sempre lo stesso, l’infinito. “Noi siamo infiniti” perché siamo in grado di rendere infinite tutte le cose che finiscono. La vita stessa si interrompe e le persone cadono, ma noi attraverso il ricordo, la trascrizione, la raffigurazione e rappresentazione scenica le riportiamo in vita nel tempo. Inoltre è l’espressione del mio paesaggio sonoro interiore; rispecchia ciò che è la mia vita adesso, fatta di piccoli gesti, semplici ma mirati, di momenti di calma e profonda serenità, rispettando i mie limiti e le mie capacità espressive. Ho cercato di seguire il mio respiro per capirne l’andamento, irregolare, flessibile e continuo.

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3. Quanto tempo c’è voluto per preparare l’album?

Le canzoni dell’album hanno iniziato a prendere forma e colore questo inverno. In autunno ho iniziato a metterle su carta e a suonarle liberamente. Durante le vacanze di Pasqua le ho registrate, in 4 giorni. Erano giornate di pioggia e purtroppo il rumore dell’acqua e delle strade rientrava nei microfoni. E’ stato quasi come una corsa contro il “tempo”, o meglio contro il “ brutto tempo”, aspettavo che la pioggia diminuisse per registrare un brano, alcune take sono state eseguite una sola volta e tenute così com’erano, per paura che l’acqua riprendesse a scendere. E’ stato faticoso ma anche divertente, in qualche modo eravamo in tre a suonare, io , il pianoforte e la pioggia.

4. Oggi, è difficile riuscire a pubblicare un disco?

Pubblicare un album non è facile, ma fare in modo che le persone lo comprino è ancora più difficile. A volte la bella musica non basta, ci vuole anche una storia che incuriosisca i lettori. Devi affidarti ad un ufficio stampa e farti sentire in radio, che è sempre un perfetto strumento aggregativo e promozionale. Richiede molto tempo da passare sui social e il tuo album deve essere presente quasi ovunque. E’ come un secondo lavoro e devi essere portato a farlo. Per fortuna il mio disco è stato pubblicato dalla Blue Spiral Records, etichetta che sta facendo un ottimo lavoro di promozione. Un aiuto davvero importante per me , poiché tra tutti i musicisti mi ritengo il meno “venditore” e “promotore” della propria musica.

5. Ci sono tra i tuoi lavori alcuni che ti rappresentano maggiormente?

Tutti i brani che compongo mi rappresentano nel momento in cui li ho scritti. La mia intuizione in musica proviene da un canto continuo, che è sempre un segno di un imperioso bisogno di far sentire una storia o di descrivere un paesaggio. Se dovessi però scegliere un “paesaggio” preferito direi il brano n° 8 dell’album “Tana Lot”. Tana Lot è un tempio sacro collocato in cima ad un’imponente roccia dell’isola di Bali. Sotto la formazione rocciosa, sgorga una sorgente di acqua sacra per i riti di purificazione. Il brano vuole suggerire proprio quel luogo e le sue leggende di mare e di acque sacre che cambiano colore.

6. Quanto c’è di personale nelle tue composizioni?

Mi considero un sorta di “piano-autore” , perciò i miei pensieri si riflettono direttamente nei brani che scrivo. Ma come musicista ed insegnante mi interessa molto come la musica può influenzare l’emotività di una persona. Mi rendo conto ogni giorno che lo studio della musica modifica i nostri ritmi fisiologici, altera il nostro stato emotivo ed è in grado di cambiare il nostro atteggiamento mentale, apportando armonia attorno a noi. Questo processo agisce su me stesso ogni volta che suono e scrivo, ed esercita una potente influenza sul mio essere umano.

7. Sei un artista che scrive molti pezzi oppure fanno fatica a nascere?

Si, scrivo molto e ho sempre tante in idee che fluttuano nella testa. Spesso compongo alla chitarra o suonando un pattern alla batteria. Tutto nasce da un impulso ritmico e da colori armonici anche se inizialmente sfocati. La melodia se c’è viene inserita successivamente. Tutto parte dal basso e non necessariamente tendo verso l’alto, anzi spesso e volentieri continuo in profondità. Tendenzialmente sono una persona poco loquace e quello che non dico lo suono e lo scrivo, per questo motivo ho sempre un brano pronto da “dire”.

8. Ci sono degli autori che hanno avuto o che hanno influenza sul tuo modo di scrivere?

In qualche modo penso di avere un approccio quasi “impressionista musicale debussiano”, questo è dovuto sicuramente alla passione che ho per Debussy. Cerco “continue possibilità di suono e colore” attraverso giochi d’onde e “dialoghi del vento e del mare”. Ho studiato l’opera di Cage e grazie a lui le mie musiche nascono da “improvvisazioni controllate”, talvolta utilizzando la tecnica del Gamut, in cui una gamma di gesti sonori vengono scelti e definiti in sé, come oggetti astratti e modulari che successivamente vengono inserite all’interno di un brano. Traggo ispirazioni da oggetti in movimento creando così un territorio sonoro continuo, fatto da lente ondulazione melodiche. Pensando alla musica moderna e contemporanea invece, la mia penna risente l’influenza di alcune “tracce “musicali dei Radiohead, dei Sigur ròs e dei Pink Floyd con i loro viaggi interstellari. E a proposito di musica strumentale, la mia più profonda attenzione va alla musica da film e alle colonne sonore di Hans Zimmer, Dustin O’Halloran e Jòhann Jòhannsson. Infine tra i pianisti contemporanei seguo con enorme stima artisti del calibro di Lubomyr Melnyk, Nils Frahm e Òlafur Arnalds.

9. Oggigiorno forse più di ieri c’è una contaminazione tra generi. La musica, secondo te, si è aperta al mondo?

La contaminazione tra generi musicali, ha portato ad una fusione di elementi di provenienza disparata in un unico “panorama artistico”. La musica permette ai vari linguaggi di cooperare, in modo che ognuno si apra all’accoglienza dell’altro. Diversità culturale nella musica significa che un nuovo valore ,un elemento propulsivo si aggiunge per creare l’arte di persone diverse. La musica ha, in questi anni di “estremo” fermento culturale, un ruolo fondamentale, ossia quello di diventare un punto di incontro, di connessione tra le culture. Essa diviene quindi un modello di socialità e la contaminazione, diventa l’elemento che rispecchia processi di interculturalizzazione già in movimento a tutti livelli. La globalità diviene nell’arte un nuovo linguaggio che trasforma l’incontro tra le diversità in assoluta ricchezza, aprendo alla musica tutte le porte del mondo.

10. Come vedi l’utilizzo della tecnologia nella musica di oggi?

Posso dire che lo scambio fra tecnologia e musica ha sempre portato cambiamenti ed innovazioni per il mondo delle sette note e che soprattutto queste evoluzioni sono sempre più diffusi a livello popolare. Oggigiorno alcune tecniche dei primi artisti di inizio Novecento sono prassi quotidiana negli studi di registrazione e fra musicisti di tutte le estrazioni. Tutto è più accessibile e veloce. La musica, come la moda e il design è un linguaggio espressivo e deve aprirsi alla tecnologia e alle sue innumerevoli sfaccettature perché è da questa sinergia che si delineano nuove possibili direzioni da intraprendere.

11. Spesso gli artisti vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Che progetti hai in proposito?

Il futuro non mi spaventa perché risiede nella mia mente. Ho il desiderio di vivere le emozioni del presente e attendere che le cose si trasformino in nuove idee per riempire nuovi spazi. Sto lavorando ad un nuovo progetto strumentale per piano, basso e batteria, i miei strumenti preferiti. Vorrei registrare nuovi brani coinvolgendo anche strumenti ad archi, ma soprattuto vorrei suonare dal vivo e presentare il mio nuovo album “We are Infinite”.

Grazie alla Blue Spiral Records e a voi lettori per l’interesse e il supporto.

“We are Infinite” è il nuovo disco di Feryanto!

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L’album “We are Infinite” nasce dalla contemplazione di tutto ciò che porta verso l’infinito: l’universo e le sue stelle, pianeti lontani inesplorati, lo spazio e i suoni che l’ orecchio umano non percepisce. Il superamento di limitazioni che talvolta la materia ci pone, un buon pretesto per guardarci dentro e seguire la mappa stellare che noi stessi tracciamo (A map to find us). Racconta di paesaggi  e terre lontane, che assumendo la forma della mente, risvegliano la nostra fantasia, al punto di far diventare noi stessi quei luoghi infiniti:  noi siamo il paesaggio,  le nostre idee i “soggetti”  che si muovono all’interno del “quadro”. Parla di echi che si perdono in luoghi sacri  e silenziosi (Where echos come to rest – Tana lot), di piogge  che si mescolano nel mare (Searain) e di mondi liquidi dai quali fantastiche creature marine si risvegliano (All creatures bloom). Suggerisce  l’importanza di  fare musica, studiarla per amore di se stessi e di qualcun’ altro (I owe you), vivendo l’arte come  “ un paesaggio dell’essere in cui prima di tutto si è” (A landscape of being). Tratta il tema del ricordo e  della necessità di rispettare le emozioni, lasciando che ogni cosa finisca naturalmente e imparando una forma di gentilezza per un nuovo  inizio. L’album si  conclude con un’immagine artefatta  di fuochi d’artificio (Like fireworks) che illuminando la nostra vista, spingono la mente più che mai verso la musica, rendendo quest’ultima infinita.

Il disco è disponibile per l’acquisto alla seguente pagina: https://www.bluespiralrecords.com/product-page/we-are-infinite-feryanto

Ascolta l’album su Spotify:

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