Intervista al compositore Massimo Natali, “Nobody’s Home” è il suo album d’esordio!

Massimo Natali ha iniziato a suonare il pianoforte a due anni. Ha una formazione da pianista classico. Nel corso dei suoi studi, si è focalizzato principalmente sulla musica per tastiera di J. S. Bach. Negli stessi anni ha maturato un forte interesse per la musica di Philip Glass, a partire dal quale ha cominciato ad avvicinarsi al minimalismo. In tempi recenti ha proposto concerti in cui opere di Bach e Chopin venivano abbinate ad autori contemporanei come Ólafur Arnalds, Ludovico Einaudi, Max Richter e lo stesso Philip Glass, il tutto all’interno di location non sempre convenzionali. Nobody’s Home è il suo primo disco da compositore, nonostante abbia già maturato esperienze di composizione e live performance di proprie musiche in ambito teatrale.

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Benvenuto Massimo e grazie per questa intervista.

  1. C’è stato qualche episodio particolare che ti fatto sentire l’esigenza di comporre? Quale è stato quindi il tuo percorso formativo e cosa ti ha formato maggiormente?

Già quando studiavo pianoforte al Conservatorio mi sentivo limitato nel ruolo dell’interprete. Tuttavia, solo in seguito alla morte di mio nonno, il mio primo mentore musicale, ho capito che con la musica avrei potuto dare voce a qualcosa di assolutamente personale. Scrivere musica è il modo in cui riesco a sentirmi ancora in contatto con lui.

  1. È da poco uscito il tuo nuovo disco “Nobody’s Home”, puoi raccontarci qualcosa di questo lavoro?

È un disco sull’assenza. Quando una persona importante se ne va, la sua assenza si fa sentire come qualcosa di assai presente. La casa di nessuno è il luogo in cui faccio i conti con questa assenza. Entrando in questo luogo abbandonato, cerco di rievocare i ricordi della mia infanzia attraverso gli oggetti che popolano la casa. È una sorta di romanzo di formazione.

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  1. Quanto tempo c’è voluto per preparare l’album?

L’album è il frutto di più di un anno di lavoro effettivo. Aggiungo però che l’album è una trasfigurazione di esperienze che ho vissuto lungo tutta l’infanzia e l’adolescenza, quindi le sue origini profonde vanno molto più indietro.

  1. Oggi, è difficile riuscire a pubblicare un disco?

Posso parlare solo della mia vicenda. Ho scoperto che la composizione è solo una parte del lavoro. Mi sono, infatti, trovato ad affrontare problematiche non strettamente musicali, ad esempio quelle relative alla divulgazione.

  1. Ci sono tra i tuoi lavori alcuni che ti rappresentano maggiormente?

Sebbene l’intero album prenda spunto da esperienze autobiografiche, scelgo “Lullaby” perché in essa il mio vissuto emerge in modo più netto. Mio nonno, infatti, aveva scritto una ninna nanna quando aveva più o meno la mia età. Così, quando mi sono posto il problema di come aprire l’album, ho pensato di rendergli omaggio, anche perché la ninna nanna mi sembrava il modo migliore per dare l’idea della natura reale e allo stesso tempo immaginaria dell’esperienza raccontata in “Nobody’s Home”.

  1. Quanto c’è di personale nelle tue composizioni?

Tendo a riversare la mia personalità e le mie esperienze nei miei lavori. Naturalmente queste esperienze personali sono solo uno spunto per la mia fantasia.

  1. Sei un artista che scrive molti pezzi oppure fanno fatica a nascere?

Una prima idea del pezzo mi si presenta molto rapidamente. Il lavoro di cesello che conduce dalla prima versione al pezzo definitivo può essere però lungo ed estenuante. Spesso lascio un brano a “maturare” per qualche tempo prima di affrontarlo nuovamente. Questo movimento elastico di allontanamento e riavvicinamento può essere ripetuto più volte, fino a che non sento di aver trovato la versione migliore possibile.

  1. Ci sono degli autori che hanno avuto o che hanno influenza sul tuo modo di scrivere?

Ci sono molte influenze di cui non sono consapevole. Credo che ogni brano che studio, ogni libro che leggo, ogni film che guardo eserciti su di me un’influenza sotterranea. Detto questo, ci sono alcune influenze di cui invece sono assolutamente consapevole. Ad esempio, Bach e Chopin tra i classici; Philip Glass, Max Richter, Ólafur Arnalds, Ludovico Einaudi e Joep Beving tra i viventi.

  1. Oggigiorno forse più di ieri c’è una contaminazione tra generi. La musica, secondo te, si è aperta al mondo?

Vedo un proliferare di nuova musica pianistica che accoglie elementi tradizionali ma allo stesso tempo cerca di parlare un linguaggio comprensibile per il grande pubblico del ventunesimo secolo. Nel mio piccolo cerco di lottare perché le persone si avvicinino al pianoforte e alle formazioni orchestrali, perché la loro potenza espressiva ha secondo me ancora tante emozioni da regalarci.

  1. Come vedi l’utilizzo della tecnologia nella musica di oggi?

Credo sia assolutamente essenziale per un artista di formazione classica come me aggiornarsi e stare al passo con le novità tecnologiche. Non possiamo permetterci di ignorare le nuove modalità di fare musica. Questo non comporta affatto il dimenticarsi di quelle più tradizionali.

  1. Spesso gli artisti vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Che progetti hai in proposito?

No, per nulla. Ho intenzione di continuare a scrivere per piano solo, visto che nella mia vita ho sempre visto la musica attraverso questo strumento. Dall’altra, però, sento di dover sperimentare anche con altri strumenti. Ad esempio, in futuro mi piacerebbe mettermi alla prova con archi e musica elettronica.

Ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicato.

 

 

Links utili:

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https://www.bluespiralrecords.com/nobodys-home

https://www.bluespiralrecords.com/massimo-natali

 

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