INTERVISTA ESCLUSIVA AL DUO ROCK SOUNDELIRIO

Soundelirio è un duo. Un progetto insieme recentissimo e antichissimo. Il risultato della fusione di due anime in rock, Francesco Quinto e Alessandro Tacchini, ognuna col suo bagaglio di suggestioni e motivazioni. All’incontro dei due, bastano poche parole, un testo tirato fuori per caso, una birra insieme. Il primo album è già tutto dentro di loro e viene fuori in pochissimi mesi. Fuori impervia la pandemia. È così che nasce “Mostralgìa”. Ringraziamo infinitamente il duo rock per averci concesso quest’intervista.

1) Com’è nato il nome della vostra band? Potreste raccontarci anche un po’ la storia della vostra band?

Ad un certo punto, c’è stata una convergenza, un occhio del ciclone, una tempesta perfetta… momenti in cui la prosa della vita di fa venire voglia di fare come Mattia Pascal… fuggire, dove non ti trovino più… ma non puoi… allora, come rispondere al delirio, dentro e fuori di te? In due modi, credo: abbandona ogni illusione di controllo; e dagli un suono (che esca, autentico, fuori da te). Il progetto è nato così. Io e Alessandro siamo due persone che vivono una vita ordinaria… ognuno ha i suoi impegni, lavorativi e personali. Un giorno ci siamo incontrati, abbiamo parlato di rock e di lacrime. Scoprendo di essere entrambi aspiranti vampiri: di notte, quando si compone e si suona, cerchiamo “socraticamente” e assorbiamo la Bellezza, quella interiore e invisibile, ficcando i denti al collo della vita. La imprigioniamo in un’idea musicale, un suono, un testo. È inevitabile. È un’urgenza. Per capire davvero chi siamo e perché.

2) C’è stato qualche episodio particolare che vi ha fatto sentire il bisogno di scrivere le vostre canzoni? Qual è stato il vostro percorso formativo e che cosa vi ha influenzato di più?

I pezzi li ho scritti io (Francesco). E sono “pezzi” in senso letterale. Pezzi di me. Spesso raccolti per terra. Del resto, l’impulso creativo è determinato dal bisogno interiore di dipingerti intorno il mondo come lo vorresti vedere e sentire. Perché in quello reale non ci stai proprio bene. Se hai la pancia piena…non avrai niente da dire. Oppure sono una reazione, una terapia, un viaggio dentro proprio silenzio. Un esorcismo, direi. Per far uscire fuori i demoni. I brani di “Mostralgia” hanno un rimando antologico. Ognuno è una storia, un colore, una reazione alla vita, un personaggio. Sono parti di me. Sono grida di rabbia e malinconia. Ma, una volta fuori, “bruciano” un po’ meno. Alessandro ha dato voce e corpo al mostro. È entrato nei personaggi. Li ha capiti. Con profonda empatia e rispetto. Mi ha confessato di momenti di shock. Di capogiri. E il risultato si sente. Un’intensità clamorosa. Entrambi siamo devoti al dio del rock. Sin da ragazzini. Sul piatto c’erano gli Iron Maiden e i Guns’n’Roses. Facile immaginare come siamo cresciuti. Oggi possiamo definirci onnivori della musica. L’importante è che risponda alla Bellezza di cui sopra. E sulla musica, si innestano altre passioni (la letteratura, il cinema, la poesia). Cerchiamo di nutrirci bene…

3) “Mostralgìa” è uscito il 26 novembre del 2021, potete parlarci di questo lavoro?

Come ho anticipato, è un’antologia di mostri. Mostri intesi in senso classico, latino per la precisione. Prodigio, persona oltre l’ordinario. Ma anche sola. Unica. Emarginata. Il dolore di queste personalità è l’ode di questo disco. Musicalmente, in esso convergono tutte le nostre radici. Passioni. Tutte quei suoni suggestivi che ci accompagnano da sempre. Il soundtrack della nostra vita è fatto di texture di chitarre, di voci graffianti, di slanci cupi e aperture inaspettate. Il tutto condito con un drumming potente, per ricordarci il battito, che siamo ancora vivi. Quando l’arte, modesta o sublime che sia,  imita l’essenza primaria della vita… è sempre autentica. Questo, per noi, è l’unica cosa che conta.

4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione del disco?

Un anno circa. Scrittura, demo, pre-produzione e produzione finale sono stati certamente rallentati dalla pandemia. Ma l’isolamento, per il nostro disco, è stato un ingrediente importante, essenziale, direi. Ha favorito l’introversione necessaria per scendere giù e risalire con qualcosa di fortemente personale.

5) Attualmente, è difficile pubblicare un disco?

A livello pratico, lo può fare chiunque. I mezzi digitali oggi (e te lo dice uno che è totalmente anti-smanettone ed incompetente) permettono di scrivere musica anche a chi non ha mai poggiato un dito su di un pianoforte. E con i social, in un attimo, puoi diffondere il tuo verbo. Ma credo che prima bisognerebbe chiedersi se vale la pena davvero “pubblicare” (rendere pubblico). Se non hai qualcosa da dire che ti preme dal fondo dello stomaco – a prescindere dal valore intrinseco che questa cosa abbia o dal successo che possa eventualmente riscuotere – perché aprire bocca?

6) Come state affrontando questo periodo in piena fase pandemica da virus SARS-CoV-2?

Credevo ne fossimo già usciti…

7) Quali sono i vostri pezzi che più vi rappresentano?

Tutti sono funzionali al messaggio ed al sound di Mostralgia. Anzi, consiglio di ascoltarli nell’ordine numerico del disco. Ne viene fuori un quadro completo, il quadro del delirio…

8) Quanto di personale c’è nelle vostre canzoni?

Tutto. Rabbia, dolore, maschera, depressione, energia, speranza, fede, cupezza, resilienza…

9) Siete una band che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?

C’è sempre una Moleskine nelle nostre tasche. La musica la “vedi” ovunque, in ogni cosa, oltre che sentirla. E quando capita, devi fissarla subito. Devi rubarla. Devi farla tua. Non c’è giorno in cui non esce fuori qualcosa, un testo, una melodia, una semplice immagine. È un processo continuo. Non esiste che mi sieda con la chitarra in mano, programmando questo momento. È tutto incontrollabile ed imprevedibile. E soprattutto inevitabile.

10) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro vi spaventa? Quali sono i vostri progetti per il futuro?

Il futuro non esiste. L’uomo moderno è ora che accolga dentro di sé questo concetto. In oriente l’hanno capito da millenni. Solo il qui ed ora è reale. Il resto è una nevrosi collettiva. Non si tratta di vivere di emozioni. Si tratta di avere il coraggio di abbandonare l’illusione del controllo. Non si controlla nulla. Il fiume comunque scorrerà dove vuole, qualsiasi “programma” tu abbia elucubrato. Senza questa smania, siamo liberi e riusciamo a dare molto di più agli altri. Riusciamo ad amare veramente. Certo è che vogliamo evolverci. Portare il nostro suono a vestirsi di un abito senza tempo. Il nostro sogno.

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