Intervista a Marcello Liverani: quello che più mi affascina nella musica è sua la capacità di portarti in un altrove dove ti senti veramente te stesso.

È appena uscito il nuovo singolo del pianista e compositore Marcello Liverani dal titolo “Another fragment of stillness”. Il lavoro anticipa l’uscita dell’album “How to fall down/below the surface” prodotto da Believe e Blue Spiral Records.

 

Abbiamo incontrato l’artista per un’intervista esclusiva che potete trovare qui sotto.


Benvenuto Marcello e grazie per questa intervista.

 

 

Quali sono attualmente le tue principali sfide compositive?

Quello che più mi affascina nella musica è sua la capacità di portarti in un altrove dove ti senti veramente te stesso. Questa “magia” accade durante l’ascolto ma anche mentre componi. Per me la sfida più grande è da sempre riuscire a comunicare questo senso di rapimento. Non è una cosa semplice: il tanto tempo passato a scrivere ti porta a vivere la musica in maniera nettamente diversa da chi, alla fine, ascolta un brano di 4 minuti. Occorre sempre avere un orecchio oggettivo, una parte di te che si pone nei panni dell’ascoltatore. Certo poi questa sfida si declina in modalità totalmente diverse a seconda del periodo che stai vivendo. Scoprire, ad esempio, un nuovo mondo sonoro ed esserne affascinato non significa saperlo comunicare. Per questo motivo amo i compositori che riescono a conciliare la semplicità dell’ascolto con la profondità della musica.

Con cosa inizi di solito quando componi?

Solitamente parte tutto da un suono. Un timbro che “vesto” con delle armonie. Il suono puro ha una poetica profonda ed intima che però, come dicevo prima, difficilmente riesce a raggiungere l’ascoltatore. Se questo mi parla e sento che può esprimere un emozione allora, dopo l’armonia, nasce anche un’idea melodica che è però sempre estensione di quel suono iniziale. Anche i brani per pianoforte solo, che pure hanno un timbro definito, devono parlarmi attraverso il suono, i suoi volumi ed i suoi silenzi, per poter diventare forma.

È uscito da poco il tuo nuovo album “How to fall down”, ci può dire qualcosa di più?

“How to fall down” è la prima parte dell’album “How to fall down below the surface”.
Tutto il lavoro rappresenta una introspezione composta da dodici meditazioni ognuna delle quali è uno step verso la consapevolezza. Il progetto nasce proprio da questa esigenza di lasciarsi andare. Sopratutto in un tempo così incredibile come quello che abbiamo vissuto negli ultimi anni riuscire a “lasciarsi cadere sotto la superficie” della quotidianità diventa quasi un’esigenza. Cadere significa anche dimenticare per qualche istante il proprio ego ( Where I come to an End, ultimo brano dell’Ep). E’ un lavoro piuttosto diverso dai miei precedenti. Sicuramente per via del sound più cupo ed intimista ma anche per la scrittura, l’uso di forme aperte o bipartite e di accostamenti tematici per contrasto piuttosto che uno sviluppo graduale.

 

 

Trovo meraviglioso quello che è successo con il genere ambient già a partire da grandissimi artisti come Eno, cioè l’aver portato questa forma di linguaggio alle orecchie del grande pubblico.

 

Come vedi il rapporto tra timbro e composizione?

Strettissimo: come già accennato prima per me il timbro è la “matrice” del comporre. Inoltre credo che l’elettronica abbia dischiuso tante possibilità che portano in scena paesaggi prima inimmaginabili. A. Schoenberg parla, nel suo famoso trattato di armonia, della possibilità che in futuro ( visto dalla sua prospettiva) si sarebbe potuta creare una “scala” musicale per timbri. Ciò è, di fatto, una realtà da molto tempo nell’ambito della musica sperimentale. Trovo meraviglioso quello che è successo con il genere ambient già a partire da grandissimi artisti come Eno, cioè l’aver portato questa forma di linguaggio alle orecchie del grande pubblico

Quali sono le opere che più hanno formato la tua personalità musicale?

Ci sono due grandi filoni a cui mi sono appassionato sin da ragazzo. Il primo è quello della musica colta del primo ‘900. Opere come La sagra della primavera di Stravinskij o La Mer di Debussy sono state per me fondamentali. Il secondo è rappresentato dalla psichedelia ed il progressive del primo periodo. Ho amato molto album come “The piper at the gates of dawn” dei Pink Floyd per citarne uno. Direi che in entrambi i casi il fattore accomunante è proprio la ricerca timbrica ed il senso di un altrove che la musica restituisce.

 

Cosa c’è di più impegnativo in ciò che fai e cosa è più gratificante?

In realtà tutto ciò che è impegnativo può essere anche gratificante in questo caso. Faccio molto volentieri anche ciò che è il lavoro oltre la musica in senso stretto: dalla promozione alla scelta degli artwork sino alla cura delle mie playlist personali su spotify. La cosa più gratificante di tutte rimane però riuscire a raggiungere il pubblico. Mi emoziona davvero molto quando vengo preso in una playlist editoriale ma anche semplicemente quando un mio video riceve un commento che mi fa capire che l’emozione dietro la musica è passata.

Quali sono i tuoi obiettivi / sogni per il futuro?

Mi piacerebbe lavorare con le immagini. Vedere la mia musica associata ad un film o ad un cortometraggio. Vedere come la musica prende nuova vita e nuovi significati da questo.

Cos’altro vorresti che le persone sapessero del tuo lavoro / carriera?

Scrivere musica è un fatto intimo. Che tu lo voglia o no. Nei miei brani c’è davvero tanto del mio vissuto in termini di esperienze personali: a volte meravigliose, a volte dolorose. Porti un pezzo di te al di fuori e lasci che ognuno associ quell’emozione, spogliata da ciò che l’ha generata, a qualcosa che lo riguarda di persona. E’ per questo che la musica unisce. Sembra un luogo comune ma, tra tanti dubbi, è una delle poche certezze che ho.

Marcello Liverani è un compositore, producer e interprete nato a Cagliari. La sua musica combina elementi acustici, derivati ​​dal genere Modern Classical, musica elettronica, ambient, elementi beat e sfumature talvolta sperimentali derivate dal suo background. È un artista eclettico attivo anche come insegnante di canto e direttore di coro, come cantante ha pubblicato due album sotto il nome “Reverse Context”. Ha studiato composizione nel Conservatorio della sua città natale e dopo la laurea ha studiato nelle accademie europee con compositori come I.Fedele, A. Corghi, H Dufourt e T. Hosokawa. Dopo aver conseguito un Master in Composizione presso l’Accademia di S. Cecilia di Roma, ha ricevuto riconoscimenti e premi per le sue opere vocali, per ensemble e orchestrali, che sono state eseguite in sedi e festival come  il Parco della musica a Roma, il “Festival de Acanthes” a Metz e presso la Biennale di Venezia, dove nel 2012 è stato selezionato anche per una residenza artistica. Il suo obiettivo principale nella musica è esprimere il profondo bisogno di abbracciare la semplice poesia della vita attraverso la natura stessa del suono. 


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