
Cinzia Zaccaroni nasce a Cento (FE) e sin da bambina sviluppa un forte senso di interesse e curiosità verso la musica e i più disparati strumenti musicali. Dopo aver fagocitato tanta musica italiana (Mina, Battisti, Dalla, De Andrè…) e aver assimilato la grande lezione delle band internazionali (Beatles, Led Zeppelin e Pink Floyd su tutti), ecco che in adolescenza scopre i Nirvana e fonda così a soli 16 anni la sua prima band: i Maidiremai in cui lei canta e suona la chitarra elettrica. Il passaggio dall’adolescenza alla gioventù è segnato da un forte interesse vero la musica Jazz: scopre e ascolta Billy Holiday, Ella Fitzgerald, Duke Ellington, Chet Baker, Betty Carter, Charles Mingus. Si dedica allo studio del canto jazz, dell’armonia, dell’improvvisazione, del piano comparato. Frequenta corsi e workshop e partecipa a moltissime jam session, iniziando a farsi le ossa con le prime esperienze dal vivo. Ben presto si accorge che il Jazz le va stretto, è limitante per quello che sente dentro. Nasce così l’urgenza di scrivere, di esprimersi, di riprendere la chitarra e disegnare il proprio personale mondo sonoro. Comincia a vivere in un microcosmo chiamato Circolo Bunker fermo agli Anni ‘90 dove fece la conoscenza di Daniel Csaba Dencs (batterista dei Doberman e dei Trabant Mobile) grazie al quale scopre tantissima musica nuova e soprattutto un approccio giocoso all’improvvisazione fondato sull’ascolto reciproco e sull’interazione. Il basso diviene il suo strumento principale e, di lì a poco, mette in piedi insieme a Daniel il progetto Dirùpators con cui pubblica l’album “Spaghettificazione”: Bjork che canta nei Primus, questa è la definizione con cui il duo viene percepito all’ascolto. Nel frattempo, si interessa alla didattica e si iscrive al Corso di Propedeutica Musicale del Conservatorio di Modena per conseguire l’abilitazione come operatore e insegnate di musica per i bambini. Parallelamente, inizia a collaborare con artisti come Giorgio Casadei (Sonic Uke Orchestra), i Moorder, Valeria Sturba e Vincenzo Vasi con il progetto Opopoiiiooo oltre a creare un collettivo di improvvisazione vocale sulle opere di Gyorgy Ligeti, John Cage, Debussy, Stravinsky, Satie.

RINGRAZIAMO LA CANTAUTRICE CINZIA ZACCARONI PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) C’è stato qualche episodio particolare che ti ha fatto sentire il bisogno di scrivere le tue canzoni? Qual è stato il tuo percorso formativo e che cosa ti ha influenzato di più?
Ho cominciato a scrivere le mie canzoni molto tardi nel mio percorso formativo, anche se la necessità l’ho maturata molto presto, non salvavo nulla di quello che componevo. Quando ho deciso di fare musica ho avuto la fortuna di incontrare Dencs Daniel Csaba il mio batterista nei Dirùpators, che mi ha insegnato ad avere un rapporto personale con il suono, attraverso il gioco, l’improvvisazione, la rivalutazione dell’errore come rilancio compositivo, l’ascolto reciproco o comunque l’ascolto profondo e reattivo, attento: da qui ho cominciato a salvare composizioni che erano per lo più giochi di melodia e ritmo. La mia musicalità è cresciuta al punto da diventare un paradigma di vita che volevo condividere con tutti; tutti dovevano conoscere questo gioco, perché faceva stare bene insieme. Poi ci fu un altro incontro che però colpì tantissimo la mia sfera emotiva al punto che non riusciva a contenerla; fu in quel momento che il suono incontrò le mie parole. Tanto era quello che avevo da dire che le sole pagine del mio diario non erano abbastanza, dovevano essere cantate… era l’unico modo per trovargli un posto… dentro di me non ci stavano più. Da qui non c’era più una pretesa estetica compositiva, ma una pretesa espressiva: dovevo dirle quelle cose, e dovevo dirle come le sentivo io.
2) “Voce di Giove” è il tuo primo singolo uscito il 3 novembre del 2022, puoi parlarci di questo brano?
Voce di Giove è la fotografia di un’intima intesa tra due essenze complementari, un giorno e una notte, un bianco e un nero, grande e piccolo, forte e debole: un contrasto potente che genera energia naturalmente tradotto in suoni e parole.
3) Attualmente, è difficile pubblicare un disco, un EP, un singolo o un videoclip?
No, ma come in tutte le creazioni ci deve essere dietro un investimento totale.
4) Come hai affrontando il precedente stato d’emergenza da virus SARS-CoV-2 e cosa provi per l’attuale abbattimento delle restrizioni?
Molto bene nonostante quello che stava accadendo, per quel che riguarda le restrizioni posso solo dire ERA ORA.
5) Quanto di personale c’è nel tuo brano “Voce di Giove”?
Tutto.
6) Sei una cantautrice che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?
Dipende dal periodo della propria vita e dal tipo di musica che si vuole fare.
Più vado avanti e più credo in quello che diceva Vasco “le mie canzoni nascono da sole… già con le parole” più hai la pretesa di “dirigere il gioco” e più ti senti lontano dalla musica, la fatica è lasciarla fare e tradurla in suoni e parole.
7) Cosa significano per te improvvisazione e composizione e quali sono, per te, i loro rispettivi meriti?
L’improvvisazione è un gioco che gli esseri umani dovrebbero praticare tutti i giorni. Su tutto. È una scuola di vita, dove l’errore è un punto nuovo di partenza, una possibilità quindi non è più tale e porta inevitabilmente alla composizione, alla creazione. Una cosa che i bambini fanno molto bene infatti adoro improvvisare con loro, capite le regole del gioco.
8) Oggi forse più di ieri c’è una contaminazione dei generi. Pensi che la musica si sia aperta al mondo?
No, penso semplicemente che lo streaming abbia fatto il suo compito.
9) Come giudichi l’uso della tecnologia e dei social media al servizio della musica?
Credo che se fossero davvero al servizio della musica ci sarebbe un panorama culturale musicale molto diverso da quello attuale: la tecnologia in generale ci ha portato novità strumentali, di composizione , di produzione ,di prospettiva ma rimane uno strumento “neutro” nelle nostre mani, è compito nostro capire come utilizzarlo in maniera equilibrata; i social media invece no , si presentano come strumento ma in realtà è un’azienda che sfrutta le nostre necessità di condivisione e di visibilità trasformandoci tutti nei suoi dipendenti, noi, nei suoi strumenti.
10) Cosa ne pensi della Loudness War e dell’intensivo utilizzo della compressione dinamica utilizzata nelle attuali tracce audio?
Penso che qualsiasi cosa si faccia a discapito della qualità annulli automaticamente la riuscita di un progetto.
11) Il ruolo del cantautore è sempre stato soggetto a cambiamenti. Qual è la tua opinione sui compiti (ad esempio politici / sociali / creativi) degli artisti di oggi e come raggiungi questi obiettivi nel tuo lavoro?
Il compito dell’artista è emozionare e/o stupire facendo arte-specchio della realtà in cui vive o generando un’altra realtà diversa, nuova, ma per fare entrambe le operazioni deve mantenere viva la sensibilità che lo contraddistingue: ascoltandola, studiandola, coltivandola, esplorandola.
12) Come pensi che le composizioni contemporanee possano attirare l’attenzione di un pubblico più ampio?
Quando rispecchiano un sentire collettivo umano come fanno Vasco Rossi o i Pinguini Tattici Nucleari.
13) Che consigli daresti ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?
Datevi da fare come se fosse la missione della vostra vita, non risparmiatevi nulla, ascoltate tanta musica, vivetela come una famiglia, un viaggio, raccogliete storie per raccontarle, studiate tutto quello che vi incuriosisce e non vi fa andare a dormire, suonate con il cuore, fatelo perché fa vibrare prima voi solo così farà vibrare gli altri, costruite il mondo in cui credete senza se e senza ma, e se volete emergere andatevene dall’Italia.
14) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il futuro mi spaventa sì: vedo più schermi che umani, vedo velocità, fretta, tante persone sedute ad un tavolo che non sanno stare insieme, non si parlano, non si condividono, se non quando devono fare una foto… sono preoccupata nel senso che mi sto preoccupando del potere che ha quel rettangolo che hanno nelle case e che hanno in mano, anch’io a volte. Mi piace vedere le persone stare bene, per questo adoro i concerti, e non le vedo stare bene.