
È disponibile dal 10 Settembre 2021 “Isolante”, il nuovo e terzo album ufficiale di Massimiliano Cremona, pubblicato per l’etichetta Delta Records & Promotion. Anticipato in questi mesi da due singoli e video “Le anime perse” e “Nero nero nero”, questo album è legato a vicende personali e non.
Ringraziamo di cuore Massimiliano Cremona, per averci consesso questa brillante intervista che vi riportiamo di seguito.
1) Potresti raccontarci un po’ la tua storia artistica?
Diciamo che la mia storia artistica è tutta spostata in avanti con gli anni, il contrario della precocità: ho iniziato a suonare la chitarra a 18 anni, ho pubblicato il primo album a 28 (come chitarrista, con i Semadama), ho preso lezioni di canto dopo i 35, sono uscito con il primo disco da cantautore a 40. Forse è per questo che, adesso che di anni ne ho 46, mi sembra ancora tutto nuovo e da scoprire.
2) C’è stato qualche episodio particolare che ti ha fatto sentire il bisogno di scrivere le tue canzoni? Qual è stato il tuo percorso formativo e che cosa ti ha influenzato di più?
Da subito la chitarra si è dimostrata un veicolo straordinario per far uscire le mie emozioni e questo nei primi anni si è tramutato in riff, giri di accordi, canzoni, ma senza melodie e parole. I primi testi sono arrivati dopo un po’ di tempo e fin dall’inizio ho usato spontaneamente l’italiano, impensabile utilizzare l’inglese, lingua che conosco ma con un vocabolario infinitamente più ridotto. Avrebbe significato affaticare e inquinare inutilmente l’atto creativo, nonostante all’epoca ascoltassi solo musica estera, principalmente hard rock anni ‘70. Ho cominciato ad ascoltare musica italiana negli anni ‘90 con il rock alternativo degli Afterhours, gruppo che ho amato molto. E lì ho cominciato a scrivere con più frequenza anche dei testi, alcuni dei quali sono poi finiti negli anni successivi nei dischi dei gruppi in cui suonavo come chitarrista, dai Semadama a Il Vile. Poi il “fragore rock” ha smesso di piacermi, è emersa l’anima acustica, la delicatezza, l’aver individuato una mia cifra musicale che richiedeva un percorso cantautorale a nome mio. Nonostante non avessi mai ascoltato cantautorato italiano. E infatti gli ascolti sono andati in direzione di solisti fuoriusciti da gruppi rock: Cesare Basile e Paolo Benvegnù su tutti. Avevo bisogno di riferimenti in cui identificarmi e ho scelto loro.
3) “Isolante” è uscito il 10 settembre del 2021, puoi parlarci di questo lavoro? Puoi raccontarci anche dell’album “L’inverno è passato” uscito il 16 dicembre del 2016?
Due dischi dalle storie e dalle modalità realizzative molto diverse, accomunati dalla mia scrittura di musiche e testi e dalla produzione artistica di Marco “Kiri” Chierichetti, che mi segue fin dall’esordio di “Canzoni dalla nebbia” (2015). “L’Inverno è passato” era stato registrato e presentato dal vivo con una full band elettrica di sei elementi. “Isolante” è invece un lavoro a due: è per questo che in copertina ci sono io e sul retro Kiri. È un disco mio quanto suo, registrato a distanza durante il 2020 primo anno di pandemia, io confinato a Perugia e lui a Verbania. Avevo l’ambizione di scrivere un album che abbracciasse vari aspetti della vita, dall’amore alla morte, e direi che questo spettro di tematiche trova in effetti posto nel lavoro.
4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione dell’album?
Il mio lavoro di scrittura è spalmato nell’arco di circa cinque anni, delle molte canzoni scritte in questo lasso di tempo sono state scelte le dieci presenti nel disco. Kiri ha invece lavorato duro tra 2020 e 2021, utilizzando i periodi di isolamento forzato (lockdown) per sfornare gli stupendi arrangiamenti che potete ascoltare, realizzati suonando una gran quantità di strumenti.
5) Attualmente, è difficile pubblicare un disco o un singolo?
Dal punto di vista tecnico no, un disco lo si può realizzare anche in casa. A patto di saper utilizzare la strumentazione necessaria. E anche la pubblicazione vera e propria può essere fatta in molti modi, senza necessariamente passare da un editore o un’etichetta discografica. Ciò che la tecnologia non può fornire sono i contenuti: i testi, i significati, le canzoni, il saper suonare degli strumenti, l’ispirazione. Questi contenuti, o ce li hai o non ce li hai.
6) Come stai affrontando questo periodo in piena fase pandemica da virus SARS-CoV-2?
Con la speranza di non andare incontro ad un altro inverno di chiusure generali.
7) Quali sono i brani che più ti rappresentano?
In questo album mi sento particolarmente rappresentato da “Incastellato” (un po’ di chiusura nei confronti del mondo esterno), “Colibrì” (l’aver imparato ad essere anche leggero), “Notturno” (dolori e ferite), “Lineare” (una speranza nel futuro e in un certo senso della vita).
8) Quanto di personale c’è nei tuoi pezzi?
Tutto è personale nei miei pezzi. E molto spesso autobiografico. Ma poiché funzioniamo tutti alla stessa maniera, il bello dell’autobiografico è che anche gli altri vi si possono riconoscere. E allora la tua salvezza è anche la loro.
9) Sei un cantautore che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?
Scrivo molti pezzi. Naturalmente va a periodi, ci sono settimane in cui non scrivo nulla e singoli giorni in cui posso scriverne anche due o tre. Quello che non faccio mai è scrivere “a comando”, impormi un tema, seguo invece sempre l’istinto. Anche se devo ammettere che quest’anno ho scritto una canzone per lavoro, su un tema storico, e il risultato è stato sorprendente. Quindi non escludo di sperimentare in futuro un processo di scrittura che parta dalla mente, dall’adozione a priori di temi precisi.
10) Cosa significano per te improvvisazione e composizione e quali sono, per te, i loro rispettivi meriti?
Sono un autodidatta e non posso risponderti su questi aspetti con la profondità o la precisione di chi ha studiato seriamente musica. Ritengo comunque – e questo ha a che fare con la composizione – di aver affinato negli anni un “senso dell’equilibrio”. Se nei primi anni in cui realizzavo demo ero costretto, ad esempio, a ricorrere a sovraincisioni di cori e distorsioni per far risaltare un ritornello, ora invece sono in grado di scrivere brani che non hanno bisogno di null’altro per esprimere la loro struttura e la loro essenza: la vecchia regola “la canzone funziona solo se sta in piedi con voce e chitarra” nel mio caso ha valore. Salvo poi – e questo è il lavoro di Kiri – rendere tutto ancora più bello e ricco con i successivi arrangiamenti. Così come è affidata a Kiri la parte di improvvisazione strumentale durante i concerti dal vivo, ciò che rende la stessa canzone ogni sera un po’ differente.
11) Che attrezzatura usi per comporre le tue tracce?
Chitarra, foglio e penna. Telefono cellulare per registrare subito l’idea senza rischiare di perdere l’atto iniziale. Registratore multitraccia se devo realizzare una demo più seria.
12) Oggi forse più di ieri c’è una contaminazione dei generi. Pensi che la musica si sia aperta al mondo?
Credo che in questo senso la musica rifletta i cambiamenti delle società. Nazioni multietniche genereranno musiche multietniche. Internet non può che favorire questo processo di interconnessione globale.
13) Come giudichi l’uso della tecnologia e dei social media al servizio della musica?
La tecnologia rende la musica “user-friendly”. Così come, per me, è diventato divertente il poter seguire direttamente i miei canali social e pubblicare i contenuti che desidero. Anche questo lavoro può essere fatto cercando di metterci qualità e creatività.
14) Il ruolo del cantautore è sempre stato soggetto a cambiamenti. Qual è la tua opinione sui compiti (ad esempio politici / sociali / creativi) degli artisti di oggi e come raggiungi questi obiettivi nel tuo lavoro?
Sono contrario all’attribuzione di “compiti” agli artisti. Gli artisti – e tra questi possiamo annoverare i cantautori – devono essere liberi di seguire il proprio bisogno di creare. Ed è in questo creare che si manifesta la loro inclinazione naturale: ci saranno autori portati a trattare tematiche sociali come invece ce ne saranno altri votati all’introspezione. Io rientro in questa seconda categoria: se la società mi imponesse il “compito” di affrontare temi politici (come è accaduto negli anni ‘70) mi ritroverei lontano dal mio centro. Ritengo che la sola responsabilità che un artista deve sentire è verso se stesso.
15) Come pensi che le composizioni contemporanee possano attirare l’attenzione di un pubblico più ampio
Non ne ho idea. Credo però – e mi ricollego alla domanda di prima – che l’utilizzo intelligente dei social possa andare in questa direzione.
16) Che consigli daresti ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?
Non sono la persona più adatta a cui rivolgere questa domanda, semplicemente perché non so come “si emerga”.
17) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
No, non sono spaventato dal futuro, non più. Alla mia età – e parlo da uomo, non da artista – ho imparato che una soluzione si trova sempre. Sto inseguendo la folle (o saggia?) idea di riuscire a vivere facendo quello che so fare e che mi piace (in tre parole: escursioni, cultura, musica). Finché funziona, andrò avanti così. Il giorno in cui non basterà più, troverò un’altra soluzione. Sotto il profilo musicale, nelle prossime settimane io e Kiri saremo impegnati in presentazioni dell’album a Passignano, Perugia e Roma. Ho poi ricevuto alcuni inviti per andare a suonare in Germania, ma al momento non ho ancora messo queste date a calendario. Attendo e guardo al 2022 con fiducia.