INTERVISTA ESCLUSIVA AL DUO VENETO BOB BALERA

Bob Balera è nato come progetto elettro-pop da un’idea del cantante Romeo Campagnolo e del polistrumentista Matteo Marenduzzo.  Nel 2014, pubblicano il loro primo singolo Giorni da cicala e la B-side Rimbalzi con le quali ottengono buoni riscontri dal pubblico e dagli addetti ai lavori. Segue un’attività live intensa che porta la band ad esibirsi in varie zone d’Italia riscuotendo sempre un buon successo. Nel 2017, entrano a far parte della scuderia Dischi Soviet Studio e sfornano il loro album d’esordio È difficile trovarsi. Successivamente, grazie all’incontro con il produttore Claudio Corradini, danno vita ad un progetto musicale pubblicando il singolo Non chiami mai per poi dedicarsi anima e corpo ad un lavoro discografico più lungo e complesso. Purtroppo, la tragica scomparsa del mentore Corradini, avvenuta nel 2021, rallenta l’evoluzione di questo percorso della band, ma il tutto trova riscontro in una nuova guida musicale grazie al produttore Sandro Franchin, che sposa un’immagine un po’ più rock della stessa mantenendo però inalterati i connotati originali. Il 29 aprile pubblicano il singolo Rimini e il 23 settembre Dimmi che. Entrambi i brani anticipano l’uscita, il 28 ottobre, del disco Pianeti.

RINGRAZIAMO Il DUO VENETO BOB BALERA PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

Risposte R: ROMEO CAMPAGNOLO

Risposte M: MATTEO MARENDUZZO

1) Com’è nato il nome del duo? Potreste raccontarci anche un po’ di voi?

R: Sinceramente non mi ricordo precisamente la nascita del nome. Ricordo che ce ne serviva uno in fretta, e dopo una notte piuttosto alcolica e movimentata, ci frullava in mente Bob Balera. Il fatto risale al 2007. All’epoca Matteo non faceva ancora parte della formazione, è entrato nei Bob Balera soltanto nel 2014, dopo aver ascoltato i brani. Da in quel momento abbiamo tentato di fare le cose un po’ più seriamente e dedicarci con maggior impegno alla crescita di questo progetto.

2) Qual è stato il vostro percorso formativo e che cosa vi ha influenzato di più?

R: Non credo ci sia un episodio particolare che mi abbia fatto sentire l’esigenza di scrivere musica; ho come la sensazione che la musica sia sempre stata parte di me. Fin da quando, da bambino, ascoltavo con mio padre le cassette di Lucio Battisti. Dovendo scegliere un momento direi che è stato l’incontro con Matteo a farmi ritrovare la voglia di scrivere musica dopo diversi anni di stop.

3) “Pianeti” è uscito il 28 ottobre del 2022, potete parlarci di questo lavoro e dell’album “È difficile trovarsi” uscito il 14 aprile del 2017?

R: “Pianeti” è un disco sicuramente più coerente e coeso di quanto non fosse il primo. Ciò è dovuto al fatto che abbiamo suonato assieme per lungo tempo e abbiamo dedicato un’attenzione particolare sia alla cura dei suoni che alla stesura delle canzoni. Il tutto è stato condito anche dalla sapiente mano di Sandro Franchin che ne ha tirato fuori un’anima più rock. Il primo è sicuramente un disco più ingenuo, frutto di collaborazioni multiple. Per questo sicuramente meno omogeneo di “Pianeti”.

4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione degli album?

R: Ci abbiamo messo diversi anni sia per  il primo che per il secondo. Non essendo dei musicisti professionisti, e dovendo quindi dedicare poco tempo a prove e registrazioni, non riusciamo a essere molto veloci. I frequenti cambi di formazione e la perdita del produttore e amico Claudio Corradini, che hanno fatto sì che i tempi si allungassero ulteriormente.

5) Attualmente, è difficile pubblicare un disco, un EP, un singolo o un videoclip?

R: Credo che la Tecnologia ci sia venuta molto in aiuto. Oggi è molto più economico sia registrare un disco che  girare un video. 

6) Quanto di personale c’è nelle vostre canzoni? 

Ogni canzone è una storia. Le nostre in particolar modo. Sono dei piccoli racconti di vita vissuta. La quotidianità descritta è quasi sempre ispirata da quello che accade a noi o ai nostri amici.

7) Siete una band che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?

R: Credo dipenda dai periodi. Ci sono momenti in più prolifici in cui viene fuori quasi un pezzo ogni prova. Altri invece meno fecondi. Non abbiamo una regolarità. Il disordine che regna sovrano nelle nostre vite si riflette anche sull’aspetto creativo.

8) Cosa significano per voi improvvisazione e composizione e quali sono, per voi, i loro rispettivi meriti?

R: Non abbiamo una metodologia compositiva regolare. I due aspetti si alternano e si completano. Dovendo scegliere: la freschezza e ti dà il pezzo nato improvvisando conserva questa sua caratteristica anche nella versione da disco.

9) Cosa ne pensate della Loudness War e dell’intensivo utilizzo della compressione dinamica utilizzata nelle tracce audio?

M: La Loudness War ha avuto il suo apice storicamente col disco Californication dei Red Hot Chili Peppers, album di grande successo. Se parliamo di quel disco in particolare (come di molti altri tra la fine degli anni 90 e il 2000), è indubbio quanto la masterizzazione abbia, da un certo punto di vista, rovinato il sound iniziale, a favore di qualcos’altro forse poco ortodosso per l’audiofilo, ma non necessariamente sbagliato. Era uno stile che ha segnato un’epoca, volente o nolente, e ancora in parte lo fa, anche se da alcuni anni a questa parte pare ci sia stata (fortunatamente) una inversione di tendenza, anche grazie alle nuove piattaforme di streaming (piuttosto discutibili in altri ambiti). Sarebbe opportuno partire da una sorta di educazione all’ascolto, ma in anni in cui oramai solo gli appassionati hanno un impianto stereo, e la musica si ascolta per la maggior parte nei telefonini, la questione Loudness War temo passi anche in secondo piano.

10) Che consigli dareste ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?

R: In realtà non credo di essere nella posizione ideale per poter dare dei consigli a qualcuno. Se proprio devo dire la mia direi di conservare sempre la sincerità, fare quello che ti piace e farlo nel miglior modo possibile.

11) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro vi spaventa? Quali sono i vostri progetti per il futuro?

R: Penso di sì. Il futuro mi spaventa soprattutto per questioni personali. Mi spaventa invecchiare, diventare debole e ammalarmi. E mi spaventa soprattutto non poter più fare le cose che sto facendo. Per esempio non riuscire più a fare musica e a godere delle mie passioni.

Rispondi

Effettua il login con uno di questi metodi per inviare il tuo commento:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...