INTERVISTA AI GENOMA MUSIC PROJECT

I Genoma nascono a Ravenna, e tra il 2016 e il 2019 pubblicano un album e diversi singoli riscuotendo un certo successo e buone recensioni. Costretti a rivedere la formazione, finiscono col sospendere l’attività musicale per qualche tempo, fino a Settembre 2020, quando Enrico Coari, fondatore della band insieme a Nicola Farolfi, coinvolge nel progetto Marcella Sebastiani, un’amica con la quale aveva militato anni prima nella stessa cover band. Così inizia a prendere forma la nuova veste con il nome “Genoma Music Project”. Si crea una bella sinergia, una convergenza di vedute e obiettivi che permette al progetto di ripartire con una energica forza produttiva ed una rinnovata creatività, creando uno stile e una forma espressiva molto personale e originale. La penna e le linee melodiche di Marcella, molto attenta alla realtà emotiva e sociale contemporanea, si fanno strada tra suoni e visioni futuristiche. Il progetto mira a raccontare, con musica e parole dirette e calate in una realtà atemporale, storie molto urgenti. La musica dei Genoma Music Project tende spesso ad allontanarsi dalla prevedibilità dei canoni e della struttura musicale classica, pur mantenendo un andamento fluido e scorrevole. I brani rappresentano la voce che viene data a storie che rischiano di perdersi tra migliaia di silenzi e che si concretizzano in un susseguirsi di immagini, sensazioni, percorsi ed emozioni, in vere e proprie scene che raccontano l’umanità nella sua complessità e tra le sue mille sfaccettature.

RINGRAZIAMO I GENOMA MUSIC PROJECT PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) Come nasce il nome della band? Potreste raccontarci un po’ di voi e del vostro percorso artistico?
(Marcella)
A metà settembre del 2020, in seguito a un messaggio di Enrico, che conoscevo da una decina d’anni, e dopo aver incontrato Nicola, l’altro veterano del gruppo, iniziava l’avventura della nuova formazione dei Genoma Music Project. Nonostante il nome non fosse il più originale per una band, chiamarsi Genoma ci trasmetteva un senso di profondità, originalità e totalità. Il genoma, in quanto insieme di informazioni genetiche di un essere vivente, è una macchina perfetta, unica, un mondo completo e autosufficiente, ma che rischia di essere manipolato e smembrato. E purtroppo per usi non sempre ortodossi. Proprio questa commistione di noto e ignoto, di compiuto e di infinito, di forza ma anche fragilità, se ridotta nelle mani degli uomini sbagliati, ci ispirava profondamente. Abbiamo iniziare a lavorare alacremente e in totale mutuo rispetto su tutto: dalle registrazioni, alla post-produzione, agli arrangiamenti, cori e produzione finale, trovando sinergia e complementarità da subito. Enrico, che di giorno lavora come grafico, la sera si perde tra piano e tastiere in lunghi viaggi sonori, innovativi e suggestivi. Lui è lo sperimentatore e il creativo del gruppo. Nicola, che è cresciuto a pane e basso new-wave, è l’elemento più razionale della band, di poche parole ma di grande fermezza. Io, amante da sempre della musica e della scrittura, sono l’empatica e la diplomatica del gruppo. La narratrice di storie, o come direbbero loro, la logorroica! :-).

2) C’è stato qualche episodio particolare che vi ha fatto sentire il bisogno di scrivere le vostre canzoni? Qual è stato il vostro percorso formativo e che cosa vi ha influenzato di più?

(Marcella) A parte ascoltare svariati generi musicali, mi hanno sempre incuriosito i testi delle canzoni. Fin da piccola avvertivo che la musica poteva trasformarsi in un potentissimo mezzo per trasmettere messaggi e idee. Ho cantato in alcune cover band, soprattutto blues, divertendomi molto, ma quando quel 19 Settembre Enrico mi ha proposto di intraprendere questa nuova esperienza, avevo al contempo gli occhi a cuore e la tremarella nelle gambe: immenso entusiasmo da una parte e responsabilità e timore dall’altra. Accettando l’invito, ho coronato un piccolo sogno che neppure sapevo di avere. Perché si, l’esigenza di scrivere esisteva, ma latitava. Io (Enrico) ho sempre suonato, mia madre è insegnante di piano e quindi respiro musica fin dai miei primi vagiti. Sono molto grato alla mia formazione musicale, basata soprattutto sull’elettronica meno commerciale degli anni Ottanta, ma è proprio da questa che deriva la mia grande spinta a cercare armonie e suoni nuovi. (Nicola) Ho militato in band new wave da sempre e condivido con Enrico il mito dei Japan. Sono uno dei fondatori della band originale, e sono molto entusiasta del nuovo percorso che stiamo seguendo.

3) L’album “Tra migliaia di silenzi” è uscito il 25 novembre del 2022, potete parlarci di questo lavoro e dei dischi precedenti?

“Tra migliaia di silenzi” si discosta dai lavori precedenti dei Genoma perché impasta per la prima volta le sonorità ambient, psichedeliche, la sperimentazione pop elettronica anche nelle ballad, a una forma cantautorale. Il disco è nato durante il lockdown, attraversando timori, perplessità sul futuro, informazione mediatica terroristica, serie televisive seguite tutte d’un fiato, ricerca degli hobby più disparati. Ma anche in mezzo alla speranza di poter tornare a scegliere, alla gioia e allo stupore nell’assistere allo spettacolo della natura che si riprendeva il suo posto. Mentre noi umani eravamo così piccoli!  L’album trova il suo spazio proprio tra il silenzio e la voglia di rinascita. Naturalmente la speranza non può non cedere il posto anche alle storie senza lieto fine, perché risulterebbe tutto innaturale e forzato. E di qui canzoni come Elisa e Federico, Tra migliaia di silenzi, Your only brother. Ma lei c’è, sopravvive e aleggia tra le nostre vite, proprio come l’ultima dea a morire. E come visione di una auspicabile presa di coscienza, a cui tutti dovremmo ambire anche solo per buon senso.

4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione del disco e del videoclip?

Abbiamo lavorato per due anni all’album. Di fatto inizialmente non eravamo coscienti di quanto avremmo prodotto, ma quando ci siamo accorti della grande quantità di materiale sfornato ci è venuto spontaneo pensare di condensarlo in un disco. Il videoclip? Tre settimane: l’idea era già nell’aria perché volevamo associare l’immagine dell’innocenza al recupero della propria autonomia ed autostima. Un bambino sa bastarsi, sa giocare da solo, sa sorridere da solo, sa annoiarsi senza deprimersi, sa raccontarsi storie fantastiche e può rappresentare l’immagine dell’adulto appagato ed indipendente che sarà…se lo lasceranno essere. E il ritorno al bambino che dimora nella tua anima, anche quando cresciuto, può supportarti nella costruzione o nella riconquista dei tuoi spazi. Anche per il video abbiamo preferito fare tutto da soli perché ci piaceva l’idea di completare il lavoro dal punto di vista delle immagini.

5) Attualmente, è difficile pubblicare un disco, un EP, un singolo o un videoclip?

Tendenzialmente no, perché la rivoluzione digitale ha naturalmente favorito la viralità e la diffusione di progetti musicali. Ma anche la sua incontrollata profusione. Il problema rimane quello di intercettare e raggiungere i giusti fruitori, quelli a cui la tua musica possa veramente interessare. E qui subentra anche la fortuna di incontrare l’etichetta e i professionisti giusti. E noi ci siamo, per buona sorte, imbattuti in Max Lambertini e la (R)esisto Distribuzione: dopo esserci affidati a lui abbiamo potuto davvero concentrarci solo sulla musica e sulle nostre creazioni, senza doverci preoccupare di aspetti organizzativi e ricevendo ottimi consigli ed indicazioni sul da farsi. L’incontro con Max è stato da subito motivante e rassicurante, a dispetto di tutte le figure raffazzonate che si incrociano, quando ci si butta nel mare magnum discografico. Abbiamo provato la sensazione di sentirci ascoltati, apprezzati e supportati… e questo non è affatto scontato!.

6) Come avete affrontato il precedente stato d’emergenza da virus SARS-CoV-2 e cosa provate per l’attuale abbattimento delle restrizioni?

(Marcella) Con sconforto ma anche con speranza. L’urgenza di comporre infatti non si è imposta durante il primo lock-down ma piuttosto dopo, durante il secondo, quando si temeva che quella potesse diventare una regola di vita. E dopo esserci resi conto di voler liberare delle verità dalle gabbie in cui rischiavano di spegnersi. Il nostro album vuole essere, nel suo piccolo, un contributo all’abbattimento delle restrizioni. Anche al di là dello stato di emergenza e delle sue conseguenze, il silenzio può nascondere realtà agghiaccianti in qualsiasi momento e periodo storico e se ci si ferma ad ascoltarlo, può fare più rumore del rumore stesso. Forse non è neppure un caso che il disco sia uscito il 25 Novembre, giorno mondiale della eliminazione della violenza sulle donne. Proprio perché molti dei brani sorvolano, si accostano e attraversano soprattutto l’universo femminile, i cui disagi, come anche per bisognosi, poveri, bambini, disadattati, non hanno fatto altro che amplificarsi proprio durante gli isolamenti. Purtroppo, isolamento non è solo lockdown.

7) Quali sono i brani che più vi rappresentano?

(Marcella) Forse suona banale ma tutti, visto che oltre all’ascolto e all’osservazione delle vite altrui, il processo di creazione dei brani è passato soprattutto da un auto-ascolto. Dovendo scegliere: Nuda rappresenta la volontà di liberarsi dal giudizio, tema ricorrente di una parte della mia esistenza; Come quando fuori piove canta la necessità di recuperare la propria autonomia e l’amore per sè stessi, che può perdersi a causa di scelte sbagliate; Amiche da sempre è il racconto leggero e nostalgico della nascita di una amicizia adolescenziale e duratura, nello scenario ottimista degli anni ‘80; 21 Agosto è la data della nascita dell’Amore che ti arricchisce e ti accompagna con rispetto, travolgendoti senza stravolgerti. Tra migliaia di silenzi, prima di essere una storia di “Hikikomori”, narra un vissuto a me molto familiare.

(Nicola) Da ogni brano mi sento rappresentato, hanno tutti un significato profondo, che riconosco nel passato e nel presente.

(Enrico) Ogni brano ha un valore per me perché rappresenta quello che mi sento di esprimere in quel momento; quindi, non saprei scegliere…

8) Quanto di personale c’è nei vostri brani?

(Marcella) So che mi ripeto ma tanto in tutti, sia come protagonista che come osservatrice. La mia scrittura trova spesso l’ispirazione nella musica stessa, perché vuole ricreare un piccolo vissuto, dove si combinano sia l’ascolto che la visualizzazione, con tanto di scenografia e fotografia! Ma in ognuna delle mie canzoni, a volte più cospicui a volte meno, ci sono dei frammenti della mia esistenza, del mio mondo interiore e di quello che mi circonda, senza troppi filtri e con grande onestà.

(Enrico) C’è quello che mi crea emozione in quel momento, slegato dalle logiche del commercio e della fruizione facile; quindi, chi si avvicina al nostro sound si avvicina anche a me come individuo.

(Nicola) Tutti noi mettiamo del personale, ogni brano è una condivisione di pensieri e di musica che sentiamo dentro.

9) Siete una band che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?

(Marcella) Scriviamo molto ma non tutto va avanti. Enrico crea continuamente (al momento ho almeno 6-7 brani sui quali poter comporre melodie e testi), ha fiumi di intuizioni, Nicola contribuisce con le sue idee soprattutto quando iniziamo a registrare. Io butto continuamente giù storie, frasi, caratterizzazioni di personaggi che mi ispirano e mi stimolano particolarmente. Ma a volte tutti questi spunti possono passare in secondo piano davanti ad illuminazioni fulminee che si raccolgono in urgenza di comporre. Il Narcisista è nato così, allo stesso modo di È troppo che mi aspetti o di Elisa e Federico (scritta in poco più di due ore).

10) Cosa significano per voi improvvisazione e composizione? E quali sono per voi i loro rispettivi meriti?

(Marcella) Come dicevo prima sono entrambe protagoniste nel processo creativo. La composizione ti indica la strada, ti fornisce le coordinate, mentre l’improvvisazione colora e personalizza il viaggio. “Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”, diceva il drammaturgo più geniale che sia mai esistito. Le convinzioni che abbiamo sulla realtà sono spesso fallaci ed incomplete, se non si tiene conto della componente eterea, onirica, intangibile che ci appartiene come esseri umani. In Nuda affermo che a mio avviso: “la ragione pura non è mai la cura, l’anima conosce i passi”. Ad esempio, quasi tutti i nostri brani sono il risultato dei primissimi take in sala di registrazione perché a fronte delle imperfezioni che sicuramente si sarebbero evinte durante l’ascolto, la cosa che ci premeva di più era tutelare l’aspetto emotivo, la verità, la sincerità. E così l’improvvisazione ha decisamente vinto.

(Enrico) probabilmente la mia natura mi dirige verso un colore o un alone sonoro e quindi ho una partenza assolutamente irrazionale. Sebbene abbia cognizioni di composizione e armonia non ne faccio uso inizialmente, ma solo in un secondo tempo quando serve l’arrangiamento.

(Nicola) Inizialmente l’improvvisazione è fondamentale, poi si cerca di comporre tutti insieme, l’armonia degli strumenti è fondamentale.

11) Che attrezzatura usate per comporre le vostre tracce?

(Enrico) ho diversi synth analogici e un paio digitali… utilizzo anche svariati plug in instruments e ho anche un paio di synth semi-modulari. Come software di registrazione utilizzo Logic Pro X naturalmente sotto ambiente macOS. Come scheda audio ho un paio di UAD Apollo Twin e come microfono un Aston Spirit.

(Marcella) Io personalmente per i testi uso carta e penna… Enrico rabbrividirà, ahhahaaha… scarabocchio, scrivo, cancello, aggiungo, ricomincio. La melodia? Chitarra a volte o solo un semplice voice recorder.

(Nicola) Personalmente solo il basso, poi se aggiungiamo qualche effetto lo facciamo in un secondo tempo, Enrico è un maestro in questo.

12) Oggi forse più di ieri c’è una contaminazione dei generi. Pensate che la musica si sia aperta al mondo?

(Marcella) Io artisticamente nasco da contaminazioni di generi per cui non posso che condividerne la necessità. Moltissimi generi musicali non sarebbero neppure venuti al mondo senza queste forme di “contagio”. Questo termine, che negli ultimi tempi soprattutto a causa del covid ha assunto una accezione molto negativa, di fatto etimologicamente significa “essere a contatto”. E il contatto è uno scambio, una convivenza di intenti, una fusione, un abbraccio. Quell’abbraccio che per un periodo abbiamo perso dovrebbe essere completamente “resuscitato” seguendo proprio l’esempio della musica. Lei per fortuna non conosce isolamenti e comunque riesce a valicare ogni tipo di limitazione.

(Enrico) La contaminazione di generi la cercavo anche quando era meno presente quindi ben venga… non posso che esserne felice!.

(Nicola) La musica è il mondo, una lingua parlata da tutti indistintamente.

13) Come giudicate l’uso della tecnologia e dei social media al servizio della musica?

(Enrico) È un’arma a doppio taglio come tutte le cose che ti danno potere, e ho detto tutto…

(Marcella) Come tutti gli strumenti che stravolgono la vita e che apportano cambiamenti sostanziali nel nostro quotidiano, dipende da come vengono interpretati e usati. Possono amplificare il talento, le buone intenzioni, aumentare il bagaglio informativo ma anche la stupidità, l’approssimazione e la superficialità. Pertanto, se è difficile governarne la qualità e la quantità, si può scegliere invece di provare a seguire quello che ci sembra più onesto. Tutti siamo portati a scrivere, pubblicare o raccontare il meglio di noi quando osservati, ma l’importante è l’onestà che ci mettiamo, la verità che lasciamo intravedere e l’impatto che abbiamo sugli altri, volenti o nolenti. E la musica è protagonista assoluta anche in questo.

(Nicola) Io suono il basso, nello strumento l’unica tecnologia, se così si può dire, è la tastiera liscia fretless, quindi più naturale.

14) Cosa ne pensate della Loudness War e dell’intensivo utilizzo della compressione dinamica utilizzata nelle tracce audio?

(Enrico) la dinamica deve essere utilizzata per enfatizzare la propria musica, vanno rispettati i vuoti quanto i pieni, l’emozione deve essere trasmessa per quel che è anche se non suona a tutta, perché dobbiamo perderci tutti i vantaggi che ci offre una registrazione digitale priva di fruscio di fondo? Usiamo la tecnologia e il compressore in modo funzionale non commerciale!.

(Marcella)… passo… io mi affido ad Enri!.

(Nicola) Idem!.

15) Il ruolo dei cantautori e delle band è sempre stato soggetto a cambiamenti. Qual è la vostra opinione sui compiti (ad esempio politici / sociali / creativi) degli artisti di oggi e come raggiungete questi obiettivi nel vostro lavoro?

(Marcella) In una occasione ho scritto che “l’epoca della ribellione, del movimento per il cambiamento e per la solidarietà umana sembra essere finita. Come se i ragazzi, vessati dalla sufficienza, dalla corsa al successo e all’affermazione da parte di noi adulti, sembrassero non avere ideali per cui lottare… ma soprattutto non curarsi di non averne”. La musica a mio avviso ha anche il dovere di scuotere, di (ri)svegliare dal torpore dell’individualismo, di narrare, di guardare oltre, di esprimersi. Non per sedurre o convincere, quanto per dare spazio alla diversità, alla verità soprattutto per conto di chi non può raccontarla, per integrare, per superare le etichette e guardare sempre in avanti, mai dimentica del passato. Se la foresta amazzonica brucia, a chi importa se non agli indios? Tanto è dall’altra parte del modo. Se dei ragazzi decidono di chiudersi in cameretta per isolarsi dal mondo? Mah, tanto non sono figli miei! Se torturano qualcuno in Iran? Tanto io mi trovo in Italia! La musica può aiutare almeno a porci la domanda: “È davvero così che vogliamo vivere”?.

16) Come pensate che le composizioni contemporanee possano attirare l’attenzione di un pubblico più ampio?

(Marcella) Sinceramente non mi sono mai soffermata a pensare a questo aspetto: più che un pubblico più ampio sarebbe auspicabile per noi incontrare piuttosto il favore di un pubblico pronto, aperto e più adatto. Adatto a ritrovarsi nel nostro stile, a recepire la sperimentazione, la differenziazione e la ricerca di forme originali, di fusione tra sonorità avvolgenti, immersive, quasi oniriche e di liriche che narrano racconti vivi e quotidiani e quanto più possibile “scenografati”.

16) Che consigli dareste ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?

(Marcella) Di fare quello che piace e in cui si crede… che di per sé potrebbe essere un lusso… e di farlo con tanta onestà. Di non uniformarsi alla massa solo per il (bi)sogno di diventare qualcuno. Di affiancarsi alle persone giuste scegliendo senza troppa fretta. Di prediligere compagni di viaggio divertenti ed affidabili e con cui condividere gli stessi intenti e gli stessi valori. E di perseguire il proprio modo di essere. Io ho iniziato relativamente tardi e mi sono imbattuta anche di recente in commenti non sempre troppo motivanti. Ma quello che mi gratifica maggiormente, e che mi sta permettendo di ottenere soddisfazioni e andare oltre ogni perplessità, è l’aver creato un mio stile, una mia forma espressiva, un mio elemento di riconoscimento. Non devo piacere a tutti, devo piacere a quelli giusti per me. Tra i giusti ci sono anche i miei due preziosi compagni di viaggio, Enrico e Nicola, senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile… perché, ragazzi, da soli non si va da nessuna parte!.

17) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro vi spaventa? Quali sono i vostri progetti per il futuro?

(Marcella) io cercherò di fare quello che mi piace quanto più possibile. Ho già tante idee pronte a prendere il volo. Il futuro non mi spaventa ma non mi rassicura, soprattutto per l’andazzo che abbiamo preso. Fatto sta che la speranza di poter contribuire a migliorarlo è sempre forte e la musica può fare la sua bella parte in questa direzione!.

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