
Immaginate una signora, dal volto gentile e pulito, alla soglia della pensione… vedendola verrebbe subito da pensare alla tipica nonna che prepara dei buonissimi biscotti, ai pranzi dalla quale non riesci mai a non mangiare troppo… invece eccola li, alla cattedra, professoressa di lettere nel giorno delle interrogazioni… P., chiamato a rispondere, non ne azzecca una, ma con strafottenza e noncuranza prova in ogni modo a rispondere, convinto di poter in qualche modo sfangarla… la faccia della nostra cara signora si fa sempre più rossa, anche i capelli raccolti in una sinuosa crocchia iniziano a fuggire tanto sono tesi dallo sforzo di mantenere comunque un comportamento incoraggiante e un tono della voce confortevole… ma P. non demorde, e continua ad attentare la pazienza della docente, che alla fine , esausta e sommessamente furiosa, sbotta: “ MONDO BO…BO!”. Raccogliendo tutto il suo autocontrollo, con un colpo di reni tempestivo, si placa il battito del cuore e il respiro. Anche oggi, non ha ceduto. Nasce così Mondo BoBo, un termine che rappresenta l’autocontrollo delle emozioni e la coscienza di se stessi, il non cedere e il non conformarsi alla forma esteriore e alle pulsioni che minano il tessuto che definisce chi siamo. Nome sotto il quale Paolo Benedetti (Livorno, classe 1980) racchiude tutte le proprie attività, dalla musica, primaria passione, alla fotografia e computer grafica. Musicalmente MondoBoBo è un percorso che inizia nei primi anni 2000, quando Paolo, terminate le esperienze musicali in gruppi Livornesi, prova a dare il via a un progetto più personale, cercando di non identificarsi con nessuno schema prefissato. 2020, il mondo si ferma. Silenzio fuori, frastuono dentro. Il senso di colpa di pensare all’atto più brutto, la forza e la presenza di una compagna meravigliosa, si riprende la chitarra, e tutto il turbinio di emozioni, catartico e terapeutico, finisce in corde, parole e suoni. L’incontro fondamentale con Dario Gentili, batterista dalle svariate esperienze e stravaganze, che decide di seguire e supportare la genesi del progetto, in un tunnel, dove si vede la luce, d’entrata o d’uscita, punti di vista, con affinità di visioni e, comunque, una ripartenza. Col prezioso aiuto di Fabio Fantozzi al basso e in cabina di mix, si chiude il primo album di Mondo BoBo… una reazione a circostanze ostili, il non perdere la propria identità, il controllarsi e ritrovarsi qualche passo più avanti, anche con tensione, con la rabbia, la stanchezza…ma sempre, “Con Gentilezza”.

RINGRAZIAMO MONDO BOBO PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) Com’è nato il nome d’arte? Puoi raccontarci un po’ di te?
Era circa la fine degli anni 90, periodo del liceo, e una professoressa, messa alla dura prova per mantenere la calma e nel gestire la rabbia di fronte ai tentativi di un interrogato di sfangarla nonostante non sapesse niente di niente, raggiunto il picco di massima ebollizione , esclamò: “Mondo Bo…Bo!” facendo appiglio a tutto il suo autocontrollo la signora non cedette al boia…questa espressione mi si è attaccata addosso da allora, a significare non la negazione delle emozioni (anche rabbia, paura, ecc…) ma il saper canalizzarle per usarle al bisogno…e così Mondo BoBo è stato il mio alter-ego, il nome che ho dato ad ogni mio progetto ( sia che fosse musica, fotografia, grafica…)
2) C’è stato qualche episodio particolare che ti ha fatto sentire il bisogno di scrivere le tue canzoni? Qual è stato il tuo percorso formativo e che cosa ti ha influenzato di più?.
La musica è stata da sempre colonna sonora d’impatto sulla mia vita, a partire da bambino ascoltando i Beatles e Bob Dylan , con i miei genitori che mi traducevano i testi…e poi un regalo di quattro cassette: Pink Floyd, Hendrix, Cream e Doors…poi gli anni 90 e tutta la scena di Seattle… musicalmente da ragazzo facevo parte di gruppi della scena labronica hardcore, andando avanti però venne fuori il bisogno di fare qualcosa di più personale, allontanandosi da schemi e preconcetti…ma poi ecco la vita, le scelte, il lavoro, il mutuo, un figlio…e la musica è rimasta appesa al muro, fino al 2020, con tanto, troppo silenzio tutto intorno, ma un gran frastuono, un caos dentro…ed ecco il bisogno di canalizzarlo, di buttarlo fuori a riempire vuoti e ricostruire una vita.
3) Il debut album “Con gentilezza”, è uscito il 24 marzo del 2023, puoi parlarci di questo lavoro?
Come dicevamo, questo album nasce dal bisogno di fare ordine di pensieri ed emozioni, di trovare un equilibrio tra i contrasti del nostro vivere. E’ una sorta di riflessione sul presente, su quello che vediamo fuori dalla finestra, o allo specchio, aprendo una finestra a cercare di capire ( e accettare) chi siamo, e da tutte le paure, ansie e incertezze che ne scaturiscono, cercare nel passato, nelle nostre esperienze nei nostri ricordi un appiglio, un bagliore per trovare un modo per canalizzare tutto questo per il futuro, con speranza, che è dovuta, visto che il futuro non è nostro, ma di quelli che verranno dopo di noi. Ma sempre “con gentilezza”, perché anche quando, ad esempio, si deve sgridare un figlio, lo facciamo sempre col pensiero di fare il suo bene, per il suo futuro.
4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione del disco?
Circa un paio d’anni. La sua fase embrionale è sicuramente nata in modo molto confuso durante il lock down, e poi ha trovato una sua identità e forma subito dopo, prova dopo prova, in studio con Dario Gentili (batteria) e Fabio Fantozzi (basso)…ma non credo ci siano mai stati momenti di scrittura, di scelte d’arrangiamenti…semplicemente suonavamo tra noi, e per noi, come una lunga e ripetuta conversazione tra amici. E a un certo punto abbiamo deciso di fermarci e imprimerlo.
5) Attualmente, è difficile pubblicare: un disco, un EP, un singolo o un videoclip?
Con l’evoluzione della tecnologia oggi è veramente più facile e alla portata di tutti produrre la propria musica. Basta poco per registrare a qualità più che decente…e questo, che certo è un bene, porta però a una sovra quantità di proposte, e alla sua conseguente frenetica fruizione, rendendo cosi molto più difficile, se non impossibile, raggiungere il pubblico giusto per farti ascoltare…per fortuna c’è l’intervento delle etichette che dovrebbero operare in questo senso… e colgo l’occasione per ringraziare Massimiliano e la (R)esisto, senza i quali oggi non sarebbe la stessa situazione.
6) Come hai affrontando il precedente stato d’emergenza da virus SARS-CoV-2 e cosa provi per l’attuale abbattimento delle restrizioni?
La pandemia è stato sicuramente un momento che ha messo a dura prova, e un punto di svolta. Mio padre una volta mi disse che non è vero che, una volta toccato il fondo, siamo in un’ottima posizione in quanto possiamo solo risalire, perché potremmo sempre iniziare a scavare…nel 2020 non so se ho toccato il fondo, o se avessi già iniziato a scavare, o dove fossi di preciso…sta di fatto che è stato uno shock, che mi ha fatto aprire gli occhi, e ho deciso di iniziare a risalire.
7) Quali sono i tuoi pezzi che più ti rappresentano?
Difficile scegliere in particolare… dico “Kintsugi” e “Settantuno”, che anche se molto diversi tra loro sono quelli che più degli altri mi hanno permesso di confrontarmi con me stesso.
8) Quanto di personale c’è nelle tue canzoni?
Tutto. Scrivere canzoni per me è cercare di mettere ordine a tutta la confusione che ho in testa, cercando di comunicarla in modo che venga capita… per primo da me stesso!
9) Sei un cantautore che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?
Sinceramente non mi sono mai posto la domanda o un’urgenza… suono, scrivo, poi metto in ordine, nel tempo e nel modo che deve essere… ad esempio ci sono già 7-8 pezzi in divenire per un seguito del progetto…ma è fondamentale non perdere mai la genuinità e la naturalezza con quale devono crescere e scegliere cosa vogliano essere.
10) Da dove trai ispirazione? Hai qualche tipo di rituale prima di iniziare a lavorare?
Nessun rituale. Viviamo, sogniamo, riflettiamo, impariamo…l’ispirazione viene dalla vita di tutti giorni, come dai ricordi o dal pensare al futuro…ogni cosa, dall’evento più inatteso o dalla semplice routine può fornire l’ispirazione per quello che vogliamo comunicare.
11) Come reagisci quando hai un blocco creativo?
Altro problema mai posto. Per me la musica non è un mestiere, e in ogni caso non dovrebbe essere prodotto da confezionare nel modo migliore per avere consensi… alla base deve esserci qualcosa da dire. In caso contrario, mi piace anche il silenzio.
12) Cosa significano per te improvvisazione e composizione? E quali sono per te i loro rispettivi meriti? Nessuno dei pezzi è stato scritto pensando a come sarebbe dovuto essere una volta finito … potremmo dire che l’improvvisazione è la parte emotiva, nella quale nascono i riff e le loro vesti, la composizione è la parte riflessiva, dove si mette ordine tra tutte le idee che sono sbocciate. Sicuramente imprescindibili l’una dall’altra.
13) Che attrezzatura o software usi per comporre la tua musica?
Il software più usato è sicuramente la app del telefono per registrare i riff e le idee… ho la tendenza a scordarmi di tutto… a livello compositivo nulla in particolare, forse la mia vecchia chitarra acustica dalla quale nascono il maggior numero dei pezzi..
14) Oggi forse più di ieri c’è una contaminazione dei generi. Pensi che la musica si sia aperta al mondo? Non saprei, o forse non ho la cultura sufficientemente adeguata per rispondere a questa domanda… Io però credo che la contaminazione nella musica ci sia sempre stata, e anzi è stata proprio questa a far fare i passi evolutivi nella sua storia… alla fin fine le canzoni “immortali” sono proprio quelle scritte dalla voglia o dalle sperimentazioni di chi le ha scritte…non di certo quelle scritte per suonare in un certo stile, per un certo genere… oggi non credo ci sia più contaminazione dei generi rispetto a ieri, semplicemente c’è un bacino di proposte davvero molto più ampio.
15) Come giudichi l’uso della tecnologia e dei social media al servizio della musica?
Io sarò sempre a favore dell’evoluzione scientifica e tecnologica, e ai benefici che questa possa portare. Nel caso della musica i social hanno sicuramente permesso di potersi affacciare in tempi più brevi a un pubblico più vasto…questo però a scapito della qualità dell’ascolto, e alla nostra ormai cronica incapacità di rallentare, fermarci e rimanere concentrati sul momento. Non mi piace poi il fatto che magari oggi possa sembrare che per un musicista, o un artista più in generale, sia più importante avere un buon marketing social piuttosto che qualcosa di valido da comunicare… la forma più della sostanza…ma in fin dei conti a suo modo ha sempre fatto parte del gioco… ad esempio icone come i Kiss e il marketing del loro vestiario…
16) Cosa ne pensi della Loudness War e dell’intensivo utilizzo della compressione dinamica utilizzata nelle tracce audio contemporanee?
Non sono assolutamente ferrato per rispondere in modo adeguato…posso però dire che questo possa portare a sacrificare il lavoro in cabina di mix di chi produce musica, che ho iniziato ad apprezzare come membro a tutti gli effetti dei musicisti coinvolti nel progetto…il discorso potrebbe poi sfociare nella sua deriva in merito ai supporti con i quali siamo ormai abituati ad ascoltare musica ( streaming, video, …) a dispetto dei supporti classici, vinile ovviamente su tutti, non solo per la qualità sonora, ma soprattutto per la qualità del “momento” d’ascolto che ci regaliamo.
17) Il ruolo dei cantautori e delle band è sempre stato soggetto a cambiamenti. Qual è la tua opinione sui compiti (ad esempio politici / sociali / creativi) degli artisti di oggi e come raggiungi questi obiettivi nel tuo lavoro?
Per me tutto è politica. Il cercare di non danneggiare il terreno che calpestiamo, in quanto dovremmo conservarlo al meglio, è un nostro compito, non solo per chi ci sarà dopo di noi, ma magari anche per dare il buon esempio a chi ci sta vicino, sperando che a sua volta lo ritrasmetta…quando qualcuno ha la possibilità di comunicare è un suo compito… anche tutto il flusso di proposte prive di contenuti di spessore che ci circonda è politica, voluta a saturare il mercato per nascondere e togliere possibilità alle alternative.
18) Che consigli daresti ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?
Non penso di essere nessuno per poter dare consigli. Un augurio magari, quello di emergere senza che fosse stato quello l’obiettivo, ma di aver realizzato e vissuto un percorso appagante per se stessi.
19) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Le emozioni del presente si, ma sempre orientate verso il futuro, cercando di fare le scelte più giuste… più che di cosa accadrà domani, la paura è piuttosto quella di commettere errori che vadano a compromettere le possibilità, la libertà di scelta nel nostro futuro… musicalmente, allo stesso modo mi piacerebbe suonare in giro il più possibile per condividere questo momento, come anche cominciare un altro percorso, un’altra conversazione allo specchio che porti alla realizzazione di altre canzoni, altre tracce di me, per chi vorrà ascoltarmi, oggi o domani.