
Daniela D’Angelo è una cantautrice che scrive da che ha memoria e canta il mondo attraverso i propri occhi, chitarra, voce e canzoni. Dal 2012 al 2017 fa parte della band Distinto, con cui realizza innumerevoli live, un EP e due dischi, di cui scrive testi e musiche. Nel 2018 intraprende un percorso solista che inizialmente la vede impegnata, in aggiunta all’assidua attività live, nella produzione del progetto In DA House, lanciato sul suo canale YouTube, che consiste nella realizzazione di video in presa diretta dall’atmosfera intima e raccolta, in collaborazione con altri cantautori e artisti, nella cornice della propria dimensione domestica. Subito dopo inizia il percorso verso la realizzazione del suo primo album solista, Petricore (disponibile dall’8 aprile 2022), con la direzione artistica di Vito Gatto (produzione, elettronica e arrangiamenti), Mamo (batteria, arrangiamenti) e Ivano Rossetti (basso, arrangiamenti). Il disco è stato registrato presso il Recording Studio Adesiva Discografica di Paolo Iafelice da Guido Andreani (Cesare Basile, Afterhours, Verdena, Morgan, Elisa, Vinicio Capossela), che ne ha curato anche il mix. Ringraziamo la cantautrice milanese per averci concesso quest’intervista.
1) Potresti raccontarci un po’ di te?
La domanda più difficile del mondo… :). Sono Daniela, amo la musica, scrivere canzoni e sono un disastro a scrivere la mia bio…
2) C’è stato qualche episodio particolare che ti ha fatto sentire il bisogno di scrivere le tue canzoni? Qual è stato il tuo percorso formativo e che cosa ti ha influenzato di più?
Ho incontrato la musica da piccola, con le canzoni dei cantautori come De Gregori, De Andrè, Battisti, Battiato e con i Beatles, che i miei genitori ascoltavano spesso. Mio padre aveva un sacco di 45 giri presi dai jukebox e io e mia sorella li spulciavamo tutti, facendo delle cassettine da ascoltare nella radio della macchina… c’erano tutti i maggiori successi degli anni ‘60 e ’70. Poi ho iniziato a conoscere i Doors, i Led Zeppelin, i Pink Floyd, i Deep Purple. Ricordo in me questa sensazione che la musica mi accompagnasse sempre. Il desiderio di scrivere canzoni è arrivato insieme a quello di imparare la chitarra. Mio nonno ne aveva una e gliela invidiavo un sacco. È stato un processo naturale quello che mi ha portata a scrivere e negli anni è diventato il mio modo di esprimermi, di fare analisi e anche un po’ autoguarigione.
3) “Petricore” è uscito l’8 aprile del 2022, puoi parlarci di questo lavoro?
È un lavoro molto personale, è stato una piccola sfida, perché per la prima volta mi trovavo tutta sola, senza band, a dover produrre un album. Mi ha accompagnata in un percorso di grandi cambiamenti nella vita, negli affetti e anche interiori. Nonostante sia composto da canzoni che risalgono a varie epoche della mia vita, ci trovo dentro una coerenza che rispecchia questo viaggio.
4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione del album?
Molto, un po’ per i miei tempi biblici, un po’ perché c’erano da coordinare tutte le persone che ci hanno lavorato e un po’ per la pandemia; sono felice di avere fatto tutto con lentezza e senza nessun tipo di ansia da prestazione o di uscita. Abbiamo iniziato nell’estate del 2019. I brani, di cui scrivo testi e melodie, sono nati chitarra e voce, mentre il sound finale del disco è passato attraverso varie fasi, dalla sala prove (a cercare arrangiamenti con Mamo alla batteria e Ivano Rossetti al basso), allo studio di registrazione in presa diretta, agli arrangiamenti con l’aggiunta dell’elettronica di Vito Gatto, fino alle varie revisioni del mix di Guido Andreani.
5) Attualmente, è difficile pubblicare un disco, un EP, un singolo o un videoclip?
Secondo me la difficoltà percepita dipende dalle aspettative che vi si ripongono. Sicuramente tutti e quattro gli elementi che hai citato richiedono impegno e lavoro, collaborazione con altri musicisti e addetti ai lavori, ma penso che pubblicare qualcosa non risulti di per sé difficile, tanto quanto invece arrivare a un pubblico che sia ricettivo per la tua musica. L’offerta è altissima in questi ultimi anni e anche i modi di fruizione della musica sono un po’ dispersivi. Io personalmente trovo che sia più difficile organizzare un concerto ben riuscito e con alta partecipazione.
6) Come hai affrontando il precedente stato d’emergenza da virus SARS-CoV-2 e cosa provi per l’attuale abbattimento delle restrizioni?
Inizialmente ero incredula che stesse accadendo, nessuno della mia generazione ha vissuto una cosa simile e nemmeno quella di mio padre, in realtà. Ho accolto lo stato di isolamento inizialmente come un momento di riposo regalato, di rallentamento, di riflessione. Non posso dire di essere stata male, perché non ero da sola a casa, perciò ho avuto e dato sostegno in quel contesto così strambo e spiazzante. Quando poi l’emergenza (o cosiddetta tale) ha continuato a protrarsi con una serie di restrizioni e contraddizioni che avevano quasi del ridicolo, ho cominciato a nutrire (e nutro tuttora) un po’ di insofferenza, sinceramente, perché mi sembra che non ci sia una volontà indirizzata al benessere delle persone, quanto al loro schiacciamento e al peggioramento del loro stato di paura, già di per sé molto avanzata, nonostante il ripetuto e ormai vuoto ‘andrà tutto bene’. Non mi dilungo sui danni che questo ha portato alla cultura e alla musica e alle persone che ci lavorano, oltre a tutte le altre categorie colpite e un po’ abbandonate a sé stesse. In questo momento, con l’allentamento delle restrizioni, provo un senso di incertezza estrema e anche di impotenza, perché da un momento all’altro potremmo avere nuove imposizioni e doverci sottostare, anche se abbiamo capito che – forse – si potrebbe agire diversamente.
7) Quanto di personale c’è nei tuoi pezzi?
Praticamente tutto. :).
8) Cosa ne pensi della Loudness War e dell’intensivo utilizzo della compressione dinamica?
Credo che sia un mezzo come un altro per appiattire la ricchezza della diversità, nutrire la superficialità e l’uniformità e stare all’interno di presunte assurde regole di mercato… quindi non me ne curo.
9) Che consigli daresti ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?
Di credere in sé stessi, essere sinceri (anche sui propri obiettivi), lavorare molto, suonare in giro, unirsi ad altri artisti che sentono come loro, fare rete supportando gli altri musicisti e non fidarsi troppo del computer e dello smartphone.
10) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Progetti per il futuro? Imparare a vivere nel presente! ;).