Intervista esclusiva al cantautore romano Andrea Tarquini

Andrea Tarquini, romano trapiantato a Milano, esordisce negli anni ’90 del secolo scorso come chitarrista e corista del mitico Stefano Rosso. Dopo molti anni di formazione passati a suonare musiche tradizionali nordamericane, Andrea Tarquini si sposta a Milano dove inizia un percorso didattico nel quale insegna le tecniche della chitarra acustica americana. Grazie all’amicizia con Luigi “Grechi” De Gregori, fratello maggiore del più celebre Francesco, nel 2013 con la produzione di Paolo Giovenchi, pubblica il suo primo disco, “Reds! Canzoni di Stefano Rosso” (Self) disco finalista alle Targhe Tenco 2013 nella categoria interpreti. Nel 2014 i buoni risultati del primo disco realizzato lo portano a diventare endorser di Bourgeois Guitars, uno dei più prestigiosi marchi di alta liuteria chitarristica degli Stati Uniti. Nel 2016, con la produzione di Anchise Bolchi pubblica “Disco Rotto” (Self-Ice Records) disco finalista alle Targhe Tenco 2016 come Miglior Opera Prima. Nel giugno 2022 pubblica il suo terzo disco che si intitola “In fondo al ‘900” (MoovOn-Altafonte-Self). Ringraziamo di cuore Andrea Tarquini per averci concesso quest’intervista.

1) Potresti raccontarci un po’ la tua storia artistica?

Mah, più passa il tempo e più le risposte a domande come questa si allungano. Diciamo che suono da quando sono bambino e sin da bambino avevo una particolare attrazione verso le canzoni nelle quali si riconoscesse chiaramente il suono di una chitarra e di voci armonizzate. Poi a venti anni ho scoperto il Folkstudio e Stefano Rosso e li è nata questa collaborazione tra allievo e maestro durata diversi anni. Poi, anni dopo mi sono legato al grande gruppo romano di suonatori di bluegrass e folk americano dove divenni amico, trai tanti, di Luigi “Grechi” De Gregori e grazie a lui ho fatto il primo disco e poi la storia è nota e arriva fino ad oggi.

2) C’è stato qualche episodio particolare che ti ha fatto sentire il bisogno di scrivere le tue canzoni? Qual è stato il tuo percorso formativo e che cosa ti ha influenzato di più?

Inizialmente lo scoramento di non riuscirci è stata la cosa che più mi ha spinto ad insistere e voler scrivere. La canzone rispetto a qualsiasi altra forma di scrittura mi affascina e mi strega sia per la sua complessità sia per la sua semplicità. È un film in tre o quattro minuti, c’entra la drammaturgia, il racconto, ecc. e devo dire che rispetto al passato, quando oggi scrivo una canzone nuova, so riconoscere abbastanza in fretta i suoi punti deboli e poi decido se lasciarli o cambiare qualcosa per migliorarli. In assoluto il mio nemico numero uno è la pigrizia, a volte sono capace di lasciare che una canzone abbia versi non eccellenti pur di non smuovere, di non svegliare il can che dorme. Le influenze maggiori sono quelle legate ai mondi americani… Darrell Scott, Tim O’Brien, Tony Rice, Peter Rowan…

3) “In fondo al ‘900” è uscito il 17 giugno del 2022, puoi parlarci di questo lavoro e di quelli precedenti?

Mah, che dire, il lavoro è sempre lo stesso, nel primo come nell’ultimo disco. Questo ultimo secondo me è il disco più completo che ho fatto, il più maturo, piano piano esce fuori sempre di più una mia identità artistica che però è mutevole e mobile quindi non sappiamo cosa sarà in futuro. Tuttavia i riferimenti sono sempre gli stessi, le canzoni con la chitarra acustica, un certo tipo di folk-pop… ecc. Da un punto di vista di tematiche affrontate invece io cerco di parlare sempre di quello che vedo, e inevitabilmente gli argomenti e le storie di cui canto interessano di più un pubblico adulto.

4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione del disco?

Se avessimo deciso di lavorare solo al mio disco ci avremmo impiegato un mese e mezzo, invece abbiamo deciso di lavorare a spot…quindi abbiamo iniziato quasi un anno prima della pubblicazione… lentamente, con calma.

5) Attualmente, è difficile pubblicare un disco, un EP, un singolo o un videoclip?

I processi creativi sono soggettivi quindi ognuno ci mette il tempo che ci mette e trova le difficoltà che trova, però non direi che la difficoltà vera sia nella pubblicazione, il tema vero è sia di budget che di prospettive; un disco necessita di un budget di produzione, di uno di promozione su radio, web, tv, carta stampata ecc. e che poi vada anche sui live, e inoltre necessita di una strategia di immagine complessiva; oggi mi rendo conto che le canzoni devono “evocare” l’immagine di chi le canta e viceversa, chi canta deve usarle come veicolo sia del loro contenuto in senso stretto, sia di chi è l’artista che, se possibile, dovrebbe avere una sorta di esclusiva in questo…quindi la domanda “chi sei e a chi ti rivolgi?” è qualcosa a cui oggi faccio più attenzione di prima.

6) Come hai affrontando il precedente stato d’emergenza da virus SARS-CoV-2 e cosa provi per l’attuale abbattimento delle restrizioni?

L’ho passato quasi tutto in una casa di campagna a scrivere, a leggere, a cucinare, mangiare e bere. Quando le restrizioni si abbassano o tornano alte mi adeguo senza discutere a quello che dice la scienza.

7) Sei un cantautore che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?

Hanno difficoltà a nascere perché sono pigro.

8) Che attrezzatura usi per comporre le tue tracce?

Ho un piccolo studio con Logic Pro e una serie di altre tecnologie che fondamentalmente mi servono per fare dei provini. Non voglio che diventi uno studio vero e proprio perché altrimenti finisce che poi faccio un altro mestiere che non è il mio. Fare buoni provini, chiari ed intellegibili già mi soddisfa… con quelli poi si va in uno studio vero dove ci sono dei professionisti.

9) Come giudichi l’uso della tecnologia e dei social media al servizio della musica?

È il tempo che viviamo, sono strumenti.

10) Cosa ne pensi della Loudness War e dell’intensivo utilizzo della compressione dinamica utilizzata nelle tracce audio?

In teoria per me dovrebbe essere un vantaggio perché facendo un genere dove si comprime meno che in altri generi, la mia musica in questo panorama dovrebbe “uscire” di più per differenza, o per sottrazione se vuoi. Poi in realtà non sempre è così. Sono cicli storici, c’è la Loudness War (in realtà da un bel po’) ma c’è anche un ritorno al vinile… anche questo da un bel po’… è tutto molto fluido e in movimento. Almeno questo non si è perduto.

11) Che consigli daresti ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?

Il consiglio è di non dividere mai musica vecchia da musica nuova perché è una distinzione stupida, esiste musica buona o musica non buona, non vecchia e nuova. Quindi di ascoltare di tutto e di più. E poi di non dimenticare mai che tutto parte da un racconto e che il racconto può essere diretto o velato nei suoi significati.

12) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Sono talmente abituato all’incertezza del presente che talvolta mi ci affeziono, quindi no, il futuro non mi spaventa. Voglio fare altri dischi, vorrei fare un secondo disco di canzoni di Stefano Rosso, vorrei fare un disco di cover in italiano, voglio fare delle colonne sonore e riprendere tutto quel mondo di musica strumentale con la quale iniziai molti anni fa e che ho leggermente accantonato… ho molte idee.

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