INTERVISTA ESCLUSIVA ALLA CANTAUTRICE VARESINA MARILENA ANZINI

Marilena nasce a Busto Arsizio (Va) nel 1964 e canta e suona la chitarra fin da quando era bambina. Inizia giovanissima a suonare e cantare in vari gruppi proponendo repertori che vanno dal folk americano alla musica d’autore italiana e si dedica ben presto anche a scrivere brani propri. Nel 1998 fonda, con Giorgio Andreoli il gruppo acoustic-rock Arecibo, di cui è stata cantante, autrice e compositrice fino al 2012, ottenendo importanti riconoscimenti tra cui il Premio della critica al concorso Bianca D’Aponte (presieduto da Fausto Mesolella) e la finale di Voci per la Libertà nel 2002, in seguito alla quale apre il concerto di Elisa per Amnesty International a Padova nel 2003. Si interessa via via sempre di più al canto corale e fa parte per diversi anni dell’orchestra vocale a cappella Ancore d’aria – condotta da Oskar Boldre – con cui incide un album, Teptalidum (2009). Con la guida di Oskar Boldre scopre l’arte dell’improvvisazione vocale e delle circle songs, che approfondisce poi studiando anche con Rhiannon, storica componente della Voicestra di Bobby McFerrin. Fa parte per un breve periodo di un ensemble internazionale di Improvvisazione vocale, con il quale offre alcuni concerti in diverse importanti città europee (Amsterdam, Berlino, Düsseldorf…)​. Contemporaneamente svolge un’intensa attività didattica: insegna musica, canto, canto corale, improvvisazione e funzionalità vocale presso scuole, associazioni e nel suo studio a Busto Arsizio. Già socia fondatrice e presidente dell’Associazione di promozione sociale Home and Journey, ne continua come libera professionista il lavoro di ricerca e di diffusione di tutto ciò che riguarda la voce, il canto e la crescita personale. Collabora anche con l’Associazione Voce Mea di Santa Giustina (BL) e con il Centro di Ricerca di Musicoterapia Arpamagica di Milano. Dal 2019 dà inizio ad un nuovo progetto solista e riprende a scrivere canzoni con regolarità: la sua ricerca e il suo lavoro sulla voce portano ad una nuova vena creativa che dà ai sui suoi brani una nuova luce con arrangiamenti vocali raffinati e insoliti, che diventano a detta di molti una caratteristica particolare e distintiva della sua musica. Il suo primo lavoro discografico Oroverde esce nel dicembre 2020 con l’immancabile supporto di Giorgio Andreoli che ne ha curato con lei la produzione. Con la sua chitarra acustica e le voci femminili dell’ensemble vocale Ciwicè da lei diretto, Marilena partecipa a diverse importanti rassegne come Al riparo degli alberi a Trento, Le corti in canto a Locarno-CH e WoodinStock/Buscadero day al Parco Berrini di Ternate (Va). Nel frattempo scrive nuove canzoni e ne sceglie otto, metà in italiano e metà in inglese, per pubblicare un secondo lavoro discografico, sempre autoprodotto. il 2 settembre 2022 esce il singolo Belli numeri accompagnato dal video di Luisa Raimondi e successivamente, il 1° ottobre, l’intero album che si intitola Gurfa, che letteralmente significa «l’acqua che si può raccogliere in una mano».

RINGRAZIAMO LA CANTAUTRICE MARILENA ANZINI PER AVERCI CONCESSO QUEST’INTERVISTA

1) Potresti raccontarci un po’ di te?
Sono una persona curiosa: amo osservare ciò che mi circonda e anche ciò che succede in me. Mi piace scoprire piccoli dettagli apparentemente insignificanti che, una volta osservati meglio e messi in relazione, rivelano un senso e un disegno più ampio. Cerco di scovare bellezza anche dove sembra non essercene, e credo di avere una certa attitudine a conciliare gli opposti: mi piace fare sport ma seguo anche una pratica spirituale; amo la musica e la poesia ma mi affascinano tanto anche la matematica e la scienza; sono introspettiva e sento spesso il bisogno di stare da sola e in silenzio ma mi piace anche avere la casa piena di amici e cucinare per loro… per usare un termine musicale potrei dire che mi piace armonizzare: anche la nota più dissonante può trovare una buona risoluzione se le si trova un posto e un percorso adatto.

2) C’è stato qualche episodio particolare che ti ha fatto sentire il bisogno di scrivere le tue canzoni? Qual è stato il tuo percorso formativo e che cosa ti ha influenzato di più?
Credo che il bisogno di esprimersi sia non solo insito in ogni essere umano ma proprio necessario per il suo sviluppo: il punto è trovare qual è la modalità più adatta per ognuno di noi. Per me è stata fin da subito la musica, in particolare il canto: non ho un episodio particolare nella mia memoria, ricordo solo che cantare mi ha sempre fatto stare bene, fin da quando ero bambina. Per questo mi sono dedicata presto allo studio della voce e di tutte le sue potenzialità: dalla Funzionalità vocale all’Improvvisazione vocale, al canto corale, alle circle songs, al canto gregoriano…la voce non è solo un modo per esprimersi musicalmente, è anche un bellissimo fil rouge da seguire per conoscersi meglio, per lavorare su sé stessi e sulla relazione con gli altri. E siccome oltre a cantare ho sempre amato anche scrivere, mi è venuto abbastanza naturale iniziare a comporre canzoni. Ciò che mi ha influenzato di più è stata sicuramente la pratica dell’Improvvisazione vocale e delle Circle songs (canti corali basati sull’improvvisazione e sulla ripetizione-Bobby McFerrin): ogni composizione nasce da un’improvvisazione e praticare questa arte -con l’aiuto di bravi maestri come Rhiannon e Oskar Boldre- ha sicuramente stimolato la mia creatività, espandendola in direzioni che non avrei trovato altrimenti.

3) “Gurfa” è uscito il 1° ottobre del 2022, puoi parlarci di questo lavoro e dell’album “Oroverde” pubblicato il 16 dicembre del 2020?
Ho iniziato a scrivere i brani di “Oroverde” nel 2019 quando ho sentito il desiderio, forse anche il bisogno, di mettere a frutto tutto ciò che avevo studiato, praticato e anche insegnato con il mio lavoro nel campo della vocalità. In modo spontaneo e naturale, è accaduto che la forma canzone si integrasse con il canto corale e le circle songs: ne sono nati degli arrangiamenti vocali che non erano semplici voci di background ma delle vere e proprie parti strutturali dei brani. Così per la loro realizzazione ho coinvolto alcune allieve e amiche: le “Ciwicè” -Silvia Angiolini, Cristina Calcaterra, Flavia Chiacchella, Jessica Di Giovanni, Silvia Masarati, Mikla Roveda, Barbara Scaccia, Chiara Scaccia e Ludovica Varsalona- che hanno registrato con me anche “Gurfa” e che ora mi accompagnano -tutte o in parte- anche dal vivo, con l’aggiunta di Mirka Buscicchio alla giocoleria. Questo secondo album prosegue in un certo senso la stessa ricerca di “Oroverde”, ma con degli aspetti un po’ diversi: osa un po’ di più a livello compositivo; c’è ancora più spazio per le voci che in più occasioni rimangono da sole, completamente a cappella; ci sono anche più ospiti che danno pennellate di diversi colori al tutto. Nell’insieme mi sembra un po’ più complesso e -spero- maturo rispetto a “Oroverde”.

4) Quanto tempo ha richiesto la realizzazione degli album?
“Oroverde” è stato realizzato più di getto; avevo urgenza di farlo uscire, forse perché per troppo tempo avevo un po’ trascurato la mia vena creativa e anche perché eravamo nel 2020: in tutto lo sgomento che stavamo vivendo, la sua realizzazione mi ha aiutato a non perdere la bussola, a dare un senso a ciò che stava accadendo e a trovare dell’oro anche dove sembrava non esserci nulla di buono. Con “Gurfa” invece io e Giorgio Andreoli (co-produttore di entrambi gli album) ci siamo presi un po’ più di calma: sia in fase di scrittura che in studio, ci siamo dati più tempo. È sempre una buona idea lasciar decantare un testo o un mix, in modo da poterlo riascoltare con la mente fresca e comprendere meglio di cosa ha davvero bisogno il brano. Può essere necessario molto molto tempo prima di arrivare ad una forma davvero soddisfacente: se non ci si pone un data di fine lavori si rischia di non finire mai!

5) Attualmente, è difficile pubblicare un disco, un EP, un singolo o un videoclip?
Direi di no: oggi come oggi è facilissimo allestire un home-recording studio e con le piattaforme digitali è un attimo pubblicare i propri lavori, anche in modo indipendente; questo comporta che c’è molto più materiale musicale rispetto a un tempo e questo è un bene, ma il pericolo è che si abbassi un po’ il livello qualitativo perché il lavoro di sound engineering non si improvvisa, e nemmeno quello di musicista. Personalmente sono un po’ vintage e preferisco ascoltare la musica in un impianto stereo di qualità per cui preferisco un CD vero, anche perché amo scoprire la grafica e leggere i credits, i ringraziamenti, le note… così come mi piace conoscere meglio un brano attraverso il suo videoclip. Per “Gurfa” mi è piaciuto tantissimo lavorare con Simona Miriani e Betty Andreoli che hanno curato la grafica e con Luisa Raimondi che ha realizzato il videoclip del singolo “Belli numeri”: sia per la grafica che per il video c’è stata una grande sintonia nel cercare che fossero una sorta di espansione della musica, un modo per viverla in modo sensorialmente più completo, anche con gli occhi!.

6) Quanto di personale c’è nelle tue canzoni?
C’è molto di personale perché sono espressione della mia sensibilità musicale e del mio mondo interiore. Nei testi però non parlo spesso del mio vissuto: preferisco restare in uno spazio meno personale, che possa incontrare quella parte comune a tutti gli esseri umani. Inoltre non considero le canzoni solo mie: una volta che sono fuori hanno vita propria e mi affascina tantissimo scoprire, attraverso le impressioni altrui, degli aspetti e delle chiavi di lettura che nemmeno immaginavo! E poi ho un sacco di persone a cui sono grata per il loro contributo nella realizzazione, a partire da Giorgio Andreoli, le Ciwicè, e tutti gli ospiti: Michele Tacchi, Fiamma Cardani, Giovanni “Giuvazza” Maggiore, Michele Fiarè, Giulia Monti e Oskar Boldre. Le cose belle non si fanno mai da soli…

7) Sei una cantautrice che scrive molti pezzi oppure hanno difficoltà a nascere?
Vado un po’ a fasi: nei periodi in cui sono impegnata e non ho tempo e calma da dedicare alla scrittura, conservo comunque l’attitudine a raccogliere appunti, frasi, impressioni, piccole melodie…le tengo al sicuro e poi, quando arriva il tempo opportuno, possono diventare scintille creative da cui partire per la scrittura vera e propria di un brano. Altre volte invece scrivo di getto, con urgenza a volte, ma poi per arrivare ad un lavoro finito mi occorre sempre tempo: sono riflessiva e, ahimè, un po’ perfezionista, quindi non ne scrivo molti, ma cerco di scriverli nel miglior modo che mi è possibile.

8) Cosa significano per te improvvisazione e composizione, quali sono per te i loro rispettivi meriti?
L’Improvvisazione per me ha a che fare con il sacro, con l’origine della musica, con la scintilla della creatività, e lo si sperimenta soprattutto con le improvvisazioni libere, fatte per la sola gioia di cantare, senza registrazioni o intenzioni compositive: musica vocale estemporanea e spontanea che non si sa da dove venga… la si può solo accogliere e seguire mentre prende forma; in questo processo noi, più che musicisti alla ricerca di musica, diventiamo strumenti nelle sue mani! E alla fine la musica torna da dove è venuta, lasciandoci non una canzone, ma una sensazione di espansione, di pace, di commozione che non ha a che fare con le emozioni ma con la nostra parte più profonda, spirituale. La composizione nasce sempre da un’improvvisazione, ma poi è anche frutto di un lavoro più tecnico, che coinvolge anche la nostra parte più razionale, gli studi che abbiamo fatto sulla teoria musicale per esempio, la ricerca di una rima o di una parola che abbia un suono in sintonia con il significato che trasmette; con il processo compositivo si arriva ad una forma definita, che si può riprodurre ogni volta che si vuole. Improvvisazione e composizione sono dunque due aspetti dell’atto creativo e hanno pari importanza e dignità: l’improvvisazione è quella che educa ad una connessione più profonda con la musica, la composizione ci permette di concretizzarla, di renderla riproponibile e condivisibile con altri.

9) Cosa ne pensi della Loudness War e dell’intensivo utilizzo della compressione dinamica utilizzata nelle tracce audio?
Eh… temo che sia lo specchio dei tempi: non è un caso che si usi la parola “war”, “guerra”. Il fatto che il suono sia invisibile, non vuol dire che non possa essere aggressivo e violento. Purtroppo assistiamo quotidianamente a questa “guerra del volume”, e non solo in ambito musicale! Così come nelle conversazioni – e negli interventi dei politici- le urla sono indice di mancanza di validi argomenti, di assenza di rispetto e di non disponibilità all’ascolto, allo stesso modo il volume alto delle tracce audio indica l’intenzione di prevaricare, e spesso serve a coprire una scarsa qualità audio; inoltre predispone ad un ascolto grossolano che si perde le infinite possibilità dinamiche del suono; induce ad un appiattimento della sensibilità e contribuisce ad alimentare l’aggressività in chi ascolta. Non penso di esagerare quando dico che tutto ciò ha anche una valenza sociale: parliamo tanto di pace, e ovviamente le guerre vere sono cosa ben più grave, ma l’unico territorio sul quale abbiamo la reale possibilità di disinnescare la violenza e di costruire la pace è il nostro mondo interiore e la musica, ne sono convinta, può fare la sua parte in questo processo.

10) Che consigli daresti ai nuovi artisti che desidererebbero emergere?
Di essere sinceri, curiosi e umili, non tanto per emergere, ma per essere contenti di sé. Fare musica è un percorso che richiede un’attitudine continua alla ricerca e allo studio: c’è sempre tanto da imparare, da tutti, e questo rende nuovo ogni lavoro artistico che intraprendiamo, allontanando la noia dalla nostra vita. Confrontarsi con altri per primeggiare non dovrebbe appartenere alla musica che è invece l’arte dell’armonia, della collaborazione e dell’inclusione. Se alla fine la nostra musica verrà anche apprezzata dagli altri ben venga, sarà tanto di guadagnato; ma se così non fosse, non sarà stato comunque tempo perso: la musica avrà sicuramente reso più preziosa e interessante la nostra vita.

11) Gli artisti spesso vivono immersi nelle emozioni del presente. Il futuro ti spaventa? Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il futuro non è per niente roseo, inutile nascondercelo; la maggior parte di noi non ha il potere di prendere decisioni politiche planetarie che possano contribuire a risolvere il disagio sociale, la crisi climatica o le guerre nel mondo, ma ognuno di noi può cercare di fare al meglio ciò a cui è chiamato come essere umano, ogni santo giorno presente, e questo non è poco. Credo sia più importante che mai per ognuno di noi avere cura di ciò che è buono, bello e vero; conoscere sé stessi per crescere interiormente in modo da essere abbastanza vigili da poter distinguere le tante sfaccettature della realtà; coltivare la nostra sensibilità per non dare spazio alla violenza e alla divisione; seguire un percorso spirituale serio che ci ricordi che la nostra vita va ben oltre ciò che possiamo toccare e vedere, e che anche se non saremo qui per sempre, la nostra presenza qui può fare la differenza. La musica, così come tutta l’arte, può aiutarci in tutto questo, ne sono certa. Come diceva Vincent Van Gogh “Quello che è fatto con amore, è fatto bene”. E io credo che questa frase sia vera anche nell’altro senso: cercare di fare bene le cose, a regola d’arte, porta qui un po’ d’amore, e credo che questo sia ciò di cui abbiamo più bisogno.

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